“Sono il suo figlioccio. Gli devo tanto, tantissimo”.
Quando un campione del mondo, una stella di rara grazia come Claudio Gentile riconosce il merito al pigmalione, ecco che la grandezza di entrambi esplode in un istante di luce. Non ripetibile, unico.
Un intero secolo, il ‘900, che si ricapitola in otto parole piene d’amore e amicizia, talmente forti da superare il groppone in gola.
Se ne è andato in queste ore Raffaele D’Angelo, 91 anni. Un nome che a Como racconta due storie, profondamente unite. Una di imprenditoria, l’altra di sport, visione e cuore.
Già perché Raffaele, nato in provincia di Napoli, dopo essere entrato nei carabinieri e aver lavorato con Carlo Alberto dalla Chiesa deciderà di fermarsi in città, dove legherà il proprio destino professionale alle auto e alla Bmw.
Ma l’amore per il calcio è sempre stato la stella polare, la rotta. Quelle cose che non puoi domare, quelle cose che devi fare.
D’Angelo era presidente del Maslianico nel ’64 quando si presentò un ragazzino che avrebbe dovuto fare il provino per il Como.
Il ragazzino abitava a Brunate e la società azzurra si rifiutò di rimborsare il biglietto della Funicolare. “Così lasciai e andai a presentarmi a D’Angelo, al Maslianico”.
Ecco, quel ragazzino è un totem nella storia del calcio, puro orgoglio libico, comasco, nazionale e mondiale: Claudio Gentile.
“Raffaele mi prese – racconta contattato poco fa – e giocai. Poi ci mandarono a fare il provino a Varese e Sandro di Vitali (prima giocatore e poi Ds del Milan, Ndr), disse a D’Angelo che voleva 3 dei 4 giocatori arrivati. ‘Il morettino non lo prendo’, parlava di me. Il presidente gli rispose che 3 o 4 costavano la stessa cifra. Lì iniziò tutto”.
Già, il resto è storia. Gentile solca l’Olimpo e D’Angelo sempre presente. “Sono andato alla Juve, lui collaborava con la Federazione e veniva a vedermi quando giocavamo a San Siro. Poi sono entrato in Nazionale e lui mi seguiva sempre. Così gli ho presentato Bearzot, sono diventati amicissimi. Cenavamo insieme a Cernobbio, parlando di me Raffaele diceva sempre a Enzo: ‘Questo l’ho tirato fuori io”.
Oggi D’Angelo se ne è andato. “Una persona meravigliosa, un amico, aiutava tutti e amava lo sport”.
“Mi mancherà”, conclude Gentile.