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Tre anni senza la piscina di via del Dos: “Quella chiusura, un colpo durissimo. Ma la mia battaglia continua”

Il 1° agosto ricorrerà il terzo anniversario della chiusura delle piscine di via del Dos a Como, un impianto storico che per anni ha rappresentato non solo un centro sportivo, ma soprattutto un punto di riferimento per le persone con gravi disabilità motorie (tutta la storia e gli approfondimenti). A raccontare la situazione, con passione e amarezza, è Pia Pullici, Cavaliere della Repubblica e presidente dell’associazione Thais per la rieducazione a cavallo e in acqua.

“Ho iniziato a portare i ragazzi in piscina nel 1986, era un centro all’avanguardia – ricorda Pullici – Con il tempo siamo arrivati ad avere 62 persone con disabilità motorie gravi che facevano riabilitazione regolare, pagando una quota annuale di appena 300 euro per 45 lezioni. Era un servizio alla portata di tutti, che oggi non esiste più. Da quando la piscina ha chiuso, solo 7 ragazzi riescono ancora a nuotare, grazie all’ospitalità di un impianto a Cantù che ha una struttura simile, con scivolo per l’accesso e sollevatore per le carrozzine, ma non è abbastanza. Lì mi danno solo un ora, dalle 15 alle 16 ma in questa fascia è difficile che i pazienti riescano a venire tra la frequenza nei centri e il lavoro, è anche difficile che i volontari siano liberi. Queste persone non possono andare in una qualsiasi piscina, la maggior parte delle strutture hanno barriere architettoniche insuperabili come gradini e piccoli spogliatoi, a via del Dos invece era tutto pensato per facilitarli, era un centro all’avanguardia”.

La chiusura di via del Dos ha lasciato un vuoto enorme: “La Regione Lombardia non riconosce il nuoto come attività riabilitativa, quindi non ci sono tariffe agevolate. Oggi una seduta costa 45 euro, mentre prima i miei ragazzi pagavano una cifra annuale accessibile. È una situazione assurda. L’acqua è fondamentale per la riabilitazione di chi ha protesi, problemi ortopedici o disabilità motorie. Sono rimasta in contatto con molti di loro perché ci tengo veramente e in tanti mi hanno detto che le loro problematiche sono drasticamente peggiore non potendo fare esercizio in acqua”.

L’impatto sulla comunità

Pullici parla senza giri di parole di indifferenza e incompetenza. “La chiusura è stata un colpo durissimo non solo per le persone affette da disabilità, ma per tutta la comunità. Nessuna associazione ci ha appoggiati davvero, anche i genitori dei ragazzi stanno zitti, hanno tutti paura di ritorsioni, di perdere contributi o finanziamenti. Ma non si può restare fermi mentre queste famiglie si vedono private di un servizio così importante. Le barriere architettoniche nelle piscine di Como sono ovunque, non ci sono spogliatoi adatti né bagni accessibili. A via del Dos, almeno, c’erano soluzioni pensate per tutti”.

Pullici, inoltre, denuncia come non solo le piscine ma anche Como sia ancora piena di barriere architettoniche: “Il lungolago è pieno di gradini e non ci sono bagni pubblici, nemmeno per chi non ha disabilità. Vorrei regalare un pappagallo al sindaco Alessandro Rapinese e dirgli che quello rappresenta la sua soluzione al problema. Lui mi ha detto che strumentalizzo i disabili, che mi denuncia e mi manda in carcere, ma io ho 80 anni…”.

Lavori fermi e promesse mancate

Il Comune aveva promesso lavori di riqualificazione (200mila euro sono appena stati stanziati con l’ultima variazione di bilancio, ndr), ma a oggi poco è stato fatto: “Siamo andati a vedere il cantiere: non sta succedendo nulla. Si parla di una fine lavori nel 2027, ma nel frattempo i nostri ragazzi dove vanno? Abbiamo visto milioni di euro spesi altrove, ma qui niente. Il sindaco aveva promesso soluzioni alternative, addirittura di andare a prendere i ragazzi in elicottero, ma, come sempre, sono rimaste solo parole”.

“Non mi arrendo”

Nonostante tutto, Pullici non ha intenzione di fermarsi: “Continuo a mandare lettere, a protestare, a far sentire la nostra voce. Io mi sento un Don Chisciotte contro la burocrazia e l’indifferenza, e non ho intenzione di mollare. Quello che voglio dire al Comune e alla Regione è semplice: fate qualcosa e fatelo bene. Non potete ignorare le necessità di chi vive con una disabilità: è una realtà che va affrontata insieme alla comunità, perché non è un problema di pochi. A chiunque potrebbe capitare, magari a seguito di un incidente, di ritrovarsi con una grave disabilità motoria. Il problema della piscina, quindi, riguarda tutti ed è necessario che l’intera comunità si mobiliti. Non si tratta di un favore, ma di un diritto”.

Un appello

Se potesse rivolgere una domanda diretta al sindaco, Pullici non avrebbe dubbi: “Gli chiederei: quando riaprirete via del Dos o un centro equivalente? Perché tre anni di silenzio sono troppi. Noi non abbiamo bisogno di promesse, ma di fatti. Ogni giorno che passa, i nostri ragazzi perdono un’opportunità di migliorare la loro vita”.

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