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Vozella: “Nidi a 15mila euro per i bambini non residenti a Como, pura demagogia. Ecco i numeri”

“La scelta di far pagare i costi del nido ai comuni di residenza dei bambini non comaschi? Pura demagogia senza reali motivazioni né economiche né organizzative”. Si potrebbe riassumere così il pensiero del consigliere comunale di Svolta Civica Luca Vozella che, mentre non si fermano le proteste e la raccolte firme contro la chiusura degli asili nido di via Passeri e di Monte Olimpino, ha deciso di andare in fondo a un’altra questione, rimasta un po’ in secondo piano, ovvero la decisione presa dall’amministrazione Rapinese di non ammettere negli asili nido a gestione comunale i bimbi provenienti da altri comuni, salvo accordi con il comune di residenza che si deve assumere l’onere di sostenere le spese, calcolate in 15mila euro cadauno (ne avevamo parlato qui). Una direttiva che già aveva suscitato perplessità e polemiche tra i sindaci dei comuni limitrofi e che oggi Vozella riprende alla luce di una richiesta delle informazioni ottenute da una richiesta di accesso agli atti.

Luca Vozella

“La decisione del sindaco di chiedere ai comuni di residenza la copertura dei costi per la frequenza dell’asilo nido da parte di loro concittadini è una scelta che creerà sicuramente un forte disagio alle famiglie che hanno necessità di iscrivere i propri figli in una struttura cittadina per ragioni lavorative o di vicinanza ai nonni – spiega Vozella – proprio per questo ho ho chiesto di poter sapere qual è la portata di questa azione per le casse comunali, per comprendere se esiste una reale motivazione economica”

Il risultato? “Ad oggi i bambini non residenti in Como e iscritti a un nido comunale sono solo tre, a cui se ne aggiungono altri quattro a Lora dove, però, la struttura non è a gestione diretta quindi parliamo di 34mila euro di costi all’anno, quindi un impatto quasi ridicolo, non sicuramente una cifra che possa giustificare il mettere in difficoltà delle famiglie nel caso di mancato accordo tra Comuni o l’incrinare i rapporti con i comuni limitrofi – dice – questa scelta non è neanche giustificata da eventuali liste d’attesa visto che, secondo il Comune, non esistono mentre la realtà è ben diversa”.

Nel frattempo, però, sono già partite le prime lettere indirizzate alle famiglie non residenti a Como che hanno presentato domanda di iscrizione a un nido cittadino per avvisarli che la loro domanda è in stand-by fino ad una eventuale, ma niente affatto scontata, sottoscrizione della convenzione tra Comuni: “Questo ufficio provvederà a contattare il vostro Comune di residenza per chiedere la sottoscrizione della convenzione con l’impegno alla copertura dei costi previsti per la frequenza – si legge infatti nella lettera a firma della Dirigente ai Servizi Educativi e Sociali Maria Antonietta Luciani – nel caso in cui il vostro Comune non intenda aderire, sarete di ciò informati e riceverete il rimborso della tassa di iscrizione, con relativo annullamento della domanda” (documento integrale in fondo).

“Ancora una volta il sindaco Rapinese dimostra che le sue sono scelte di pura propaganda, senza nessun presupposto economico che le renda necessarie – è il pensiero di Vozella – certo, potrebbe rispondere che anche in altri comuni amministrati dalla sinistra è stata presa una decisione del genere, ma la realtà è che è impensabile paragonare Como a un piccolo comune qualsiasi senza dimenticare che il nostro ruolo di capoluogo di provincia richiederebbe scelte decisamente diverse”.

“Indubbiamente questo sindaco vuole una città solo per turisti rendendo la vita sempre più difficile per chi ci vive e per chi vorrebbe viverci – conclude – nulla contro il turismo, che è una risorsa fondamentale per il nostro territorio, ma forse bisognerebbe capire fin dove ci si può spingere visto che siamo arrivati al punto che non solo non si investe più sui servizi per i cittadini, ma addirittura si disinveste”.

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8 Commenti

  1. Come Comitato Genitori “Como a Misura di Famiglia”, riteniamo giusto collaborare con altri Comuni e capiamo inoltre le ragioni delle famiglie che per motivi di lavoro o personali necessitano di iscrivere i figli in altro comune. Gli eventuali accordi tra paesi limitrofi e Como dovrebbero essere orientati a rispondere alle necessità espresse dalle famiglie.
    Pertanto, imporre una richiesta di 15mila euro senza previo dialogo, penalizzando i bambini e senza un reale impatto sui bilanci comunali, appare una misura demagogica. Questo approccio non solo è discutibile nel metodo, ma riflette anche una limitata visione culturale, priva di attenzione verso le esigenze delle famiglie e dei più piccoli.

  2. Anche se fossero “solo” 34000 euro potremmo farci qualcosa per i cittadini, come nei comuni vicini, che hanno sempre strutture più belle delle nostre..
    Mi dispiacerebbe regalarli a San Fermo ad esempio, che ci frega già migliaia di euro all’ospedale..

  3. In un momento storico in cui si dovrebbe fare rete tra i comuni limitrofi, scelti da gran parte dei frontalieri o da comaschi per cui è diventato proibitivo abitare in città, il comune di Como sceglie di isolarsi ancora di più…
    Vorrei vedere se i comuni adiacenti facessero pagare una tassa a tutti i Comaschi che scelgono di uscire dal capoluogo per usufruire di servizi e parchi giochi, ormai inesistenti nella bella città.

  4. A mio avviso la scelta del Sindaco è condivisibile in quanto si tratta di affermare un principio che varrà anche per il futuro, prescindendo dal numero di richieste esterne attuali. Ogni Comune deve provvedere per i propri residenti al meglio delle sue possibilità.
    Poi sulla chiusura di alcuni asili si vedrà prossimamente se è stata una scelta felice o meno e il Sindaco dovrà accettarne le conseguenze.

  5. Non sottoscrivono una convenzione con Como, non si consorziano fra loro per organizzare un servizio di nidi e spingono i loro residenti a sfruttare i servizi del Comune di Como. Facile utilizzare le entrate per farsi belli e poi scaricare sugli altri i costi dei servizi più necessari ma meno visibili… era ora che arrivasse qualcuno (il sindaco di Como) a sollevare il velo…e mettesse i “piccoli” ma spesso ricchi Comuni della provincia di Como di fronte alle loro responsabilità…

  6. Se l’obbligo “morale”, per così dire, di accogliere bambini di altri Comuni deriva dal fatto di essere capoluogo provinciale, allora a farsene carico dovrebbe essere l’ente Provincia, e non il Comune. Si può disquisire sulla richiesta economica (a me 15k paiono ingiustificati, per 9 mesi nemmeno un nido privato, con ben altro rapporto alunni-insegnanti e costi d’affitto che il Comune non ha, costa così tanto…), ma non sul principio.

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