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Zona rossa, Andrea prof dei videogame: “Giochi diventati social network tra concerti e talk-show “

Così come molti altri settori, anche l’universo del gaming ha visto una crescita esponenziale durante la pandemia.

Un’evoluzione non prevedibile ma che, in un momento di distanza fisica forzata, ha aiutato molte persone a sentirsi meno lontane.

Ce lo racconta l’esperto comasco Andrea Peduzzi, 42 anni: dopo aver studiato storia del cinema e aver ottenuto un Master legato all’intrattenimento digitale, dal 2008 lavora nel mondo dei videogames come recensore e dal 2012 anche come insegnante in alcune scuole comasche tra cui l’Istituto Leonardo Da Vinci-Ripamonti.

Diversamente da come ci si potrebbe immaginare, ciò di cui si occupa Andrea non è la componente tecnica ma quella classica.

“Nei laboratori per le scuole parlo di videogiochi e in particolare del loro aspetto umanistico – spiega – perché il giocare in sé è molto simile al teatro. Quindi spiego ai ragazzi i vari generi ma anche da dove arrivano i diversi tipi di racconto e la meccanica, che spesso hanno origini antiche. Ad esempio, alcuni giochi come Il Padrino rimandano alla triplicazione del potere. Oppure il level design può derivare dalla struttura del labirinto classico: uno spazio di tipo problematico che si incrocia con altre storie che hanno riferimenti altrettanto classici”.

Insomma, come dimostra Andrea i videogiochi non hanno solo un aspetto scientifico. “Mi piace uscire dall’idea del videogioco come solo tecnica – osserva – ci sono tante figure che vi lavorano e arrivano dalle più svariate formazioni, anche umanistiche come nel mio caso”.

Andrea ha lavorato negli anni come freelancer e consulente per varie riviste, per arrivare a collaborare con Ign.it e Outcast.it. Proprio quest’ultimo progetto indipendente si concentra sui podcast, contenuti che creano un contatto più diretto col pubblico.

Durante la pandemia appunto, con moltissimi utenti che si sono riversati online, sono nate nuove tendenze in rete che hanno risposto anche a un bisogno sociale delle persone che si trovavano a distanza.

“Alcuni videogiochi sono diventati veri e propri social network – afferma Andrea – penso a Fortnite che è stato pensato per i combattimenti ma è riuscito a far interagire tantissimi utenti, anche proponendo trailer in anteprima e concerti in streaming. Oppure Animal Crossing che è stato lanciato durante la prima ondata di Covid ed è diventato una piattaforma per far sì che le persone fisicamente lontane per via del lockdown si potessero incontrare online, molte coppie ad esempio. Ed è diventato anche uno spazio dove ospitare talk-show”.

A proposito di lockdown e videogiochi, questo periodo ha creato fenomeni di dipendenza tra i ragazzi? “Sicuramente i videogiochi possono essere coinvolgenti – spiega Andrea – ma è un argomento molto complesso e al momento non ci sono dati precisi a riguardo. Io consiglio sempre ai genitori di stare attenti, ad ogni modo, al tempo che i figli trascorrono con i videogames”.

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