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Vent’anni di Como. Cronaca e occhio di Pozzoni: “Dalla prima foto del Papa a Como, a dove è stato ucciso don Roberto”

Cento foto, cento eventi, cento storie. Migliaia di protagonisti. Attivi nell’immagine, passivi nell’esercito di chi quelle foto le ha viste, ammirate, gustate quando furono realizzate.

“Vent’anni di cronaca a Como. 100 foto di Carlo Pozzoni” è il film della migliore storia di Como e dei comaschi, anche quando le immagini documentano un dramma, un problema, un dolore. Perché la vita di una comunità segue la complessità e le difficoltà di coloro che la animano.

Non potrebbe non essere così. Soprattutto laddove c’è chi è chiamato a raccontarla, questa esistenza collettiva. Come Carlo Pozzoni che, in questo libro, riavvolge la pellicola di tanti fatti finiti per lo più sulle pagine del quotidiano “La Provincia”, in una sequenza che vuole essere anche la scrittura di un mondo, il piccolo mondo antico del lago sconvolto dalle mutazioni travolgenti dei tempi moderni.

“E’ la chiusura di un discorso – racconta il notissimo fotografo comasco – perché il mio ruolo di fotoreporter ormai si è esaurito. In archivio avevo quasi 400mila scatti dal 1996 ad oggi. Non ci avevo mai pensato ma un amico giornalista mi ha suggerito di farne una raccolta”.

Così è iniziato il lavoro di ricerca attraverso il suo archivio. “Avevo già in mente alcuni episodi – prosegue Pozzoni – altri li ho riscoperti durante la ricerca. E’ stato un lavoro molto lungo, almeno 3 o 4 mesi, durante il quale ho ritrovato scatti che neppure ricordavo più. La mia è stata una scelta soggettiva. Il volume raccoglie gli scatti in ordine cronologico: inizio con la prima foto del Papa a Como e chiudo con il luogo dove don Roberto Malgesini è stato ucciso. Mi sembrava doveroso”.

Pozzoni restituisce ai comaschi gli spezzoni necessari per una memoria locale. Lo fa usando il “colore” della cronaca, il bianco e nero, potente nella sua essenzialità, nella sua nuda affermazione al di là dei filtri della quotidianità, perfino crudele laddove sbalza personaggi e avvenimenti dal contesto per consegnarli, nella loro dimensione visiva, alla narrazione del futuro. “Tutte queste foto erano a colori ma le ho trasformate in bianco e nero – aggiunge il fotografo – perché per me la cronaca ha quel colore, tutti gli altri sono fuorvianti”.

“La nostra è un’epoca nostalgica e i fotografi sono promotori attivi della nostalgia. La fotografia è un’arte elegiaca, un’arte crepuscolare. Quasi tutti i suoi soggetti, per il solo fatto di essere fotografati, sono tinti di pathos” scriveva nel 1977 Susan Sontag. Carlo Pozzoni fa sua questa lezione e la regala ai comaschi. E non solo.

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