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I tuffi ‘privatizzati’, le pizze al benzene e la città segregata dal lungolago d’asfalto: Como si riprenda l’acqua

C’è da diventare pazzi al ritorno a Como – Como città, nello specifico – da un qualsiasi mare o ancora meglio, per dare un’idea, da un altro lago tra quelli vicini (Maggiore e Garda su tutti, ovviamente). Il motivo? E’ molto semplice: ovunque, tranne che qui, l’acqua e il suo godimento per residenti e ovviamente turisti sono considerati i beni supremi, i veri motori che spingono a vivere i luoghi, innamorarsene e dunque visitarli. Certo, la conformazione del territorio aiuta: gli spazi del Garda – per le spiagge, ad esempio – qui non ci sono, in parte anche quelli del Maggiore. Ma in quelle zone, anche dove il territorio non ha offerto grandi spianate verso l’acqua, ci ha pensato l’uomo – nelle varie vesti di amministratore, albergatore, ristoratore, imprenditore culturale – a colmare lo iato. Come? Agendo in tutti i modi affinché la separazione tra persona e desiderio – il lago, se rimaniamo in questo ambito – venisse ridotta, compensata in qualche modo, trasformata da fossato a punto di congiunzione, nei limiti del possibile.

Qui sotto, un tratto del lungolago di Desenzano del Garda (30mila abitanti circa): le auto passano, ma la pavimentazione in porfido – che poi si connette armonicamente nella caratteristica piazzetta centrale – svolge due compiti.

Da un lato rallenta automaticamente le auto, dall’altro ricuce in un unicum lungolago, sede stradale e zona pedonale fondendo i tre luoghi quasi in un tutt’uno, sebbene ognuno con propria identità e regole. La stessa idea, peraltro, è stata realizzata in paesi e borghi meno grandi, perché si è scelto a monte di non bloccare del tutto la percorribilità per i veicoli ma nello stesso tempo si è deciso di dare un segnale generale chiaro: la vivibilità e i pedoni vengono prima della velocità e dell’asfalto.

Sul lungolago di Como, almeno in un tratto tra piazza Matteotti e l’incrocio con viale Rosselli, sarebbe come minimo auspicabile una ricucitura simile tra la città quasi “segregata” da macchine e furgoni a monte e il Lario a valle, con la cesura del traffico e della sua area di dominio che peraltro non differisce in nulla dall’aspetto “tangentalizio” della Napoleona o di via Paoli.

Ecco, ricucire nuova passeggiata a lago, corsie di transito e centro storico potrebbe davvero essere una bella sfida per questa e/o le prossime amministrazioni.

Il discorso potrebbe valere pure nell’intera zona di viale Geno, l’unico punto vero della città Como dove (in teoria) si può mangiare affacciati sul lago ma dove pizze e spaghetti vengono serviti immersi nei gas di scarico delle auto in transito verso il budello e gli specchietti non di rado rischiano di fare la scarpetta nei piatti. Anche qui – forse anche senza vietare del tutto il traffico – un’idea di ricucitura dolce tra locali e lago, almeno mitigando il pesante effetto di una strada che taglia la connessione naturale e tanto ambita, sarebbe iniziativa lodevole.

Il secondo tema è quello della fruibilità materiale del lago, tema peraltro al centro delle cronache (purtroppo anche nere) anche di questa estate 2023 con i turisti che assaltano letteralmente i pochi lembi di spiaggia in città (dal Tempio Voltiano a Villa Olmo fino a viale Geno) a dispetto di divieti, inquinamento e persino lutti. Il tuffo nel lago solo apparentemente pulito in queste giornate tropicali è evidentemente più forte di ogni regola o timore. E allora come pensare di gestire un fenomeno sbagliato nella forma, ma evidentemente irresistibile nella sostanza, anche per gli anni a venire?

Il vero problema, in questo caso, è che di fatto a Como gli sbocchi potenzialmente pubblici a lago per un tuffo sono in larga parte ‘privatizzati di fatto’ tra associazioni, club e piscine esclusivi o quasi, lidi comunali eccellenti ma ormai chiaramente insufficienti rispetto alla richiesta d’acqua di residenti e turisti. Forse, in questo quadro così incatenato a retaggi antichi e tutt’altro che democratici, l’acqua bisognerebbe avere il coraggio di andarsela a prendere. Nel senso che appare piuttosto incomprensibile il fatto che in una città come Como – il capoluogo d’acqua per eccellenza del lago famoso nel mondo – non riesca a soddisfare nemmeno lontanamente la richiesta di tuffi e bagni di chi vive o arriva qui. E allora, la sfida di dotare – rigorosamente a lago, non a Casate per essere chiari – la città di un lido ampio, pubblico, sicuro, con una piscina galleggiante, magari, se proprio il Lario restasse off limits per altri anni, potrebbe essere la seconda grande sfida per far compiere alla città due scatti epocali in tema di accoglienza e servizi estivi a chi viene nella città di lago per antonomasia. Eppure che, per amara ironia della sorte, sembra nascondere o rendere inaccessibile a chi la brama quell’acqua di cui si fa vanto nel mondo.

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17 Commenti

  1. Caspita, una bella carne al fuoco questo articolo. Dunque, vorrei dividere l’articolo in due parti. Parte uno: Il lungo lago. Ognuno ha le sue caratteristiche, Como non è Lugano e nemmeno Desenzano (lo spazio del Garda noi ce lo sognamo). E la pizza al benzene la servono in soli due posti sul Lungo Lago.
    Parte due: bagni a lago dal Tempio Voltiano fino all’Aereo Club.
    a) dell’acqua non pulita la gente non si accorge? Se non si può fare il bagno a Villa Geno, come lo si può fare li allo sbocco del Cosia? Certo che quando la gente é “disperata” (senza altre opzioni, Lido di Villa Olmo strapieno), tenta anche di suicidarsi senza saperlo.
    b) purtroppo la miopia di tutti i politici nel voler continuare a tenere lo stadio nella stessa posizione è veramente sorprendente. Via lo stadio, giardini per la gente, parcheggio sotterraneo, viabilità modificata, le macchine che non posteggiano o non passano più dove la gente DEVE passeggiare, godersi lo spettacolo del lago e del Razionalismo (sempre e non solo una volta ogni due settimane per il campionato di calcio). Noi continuiamo a parlare ma alla fine, con gattopardesca nonchalance, tutto rimane come prima. Scelte coraggiose? Forse, o più semplicemente “normali”.

  2. Per fortuna a 4 km da Como, a Cernobbio, il sindaco Monti ha aperto al pubblico e alle famiglie, l’ex galoppatoio di villa Erba. Lì si può fruire davvero del nostro lago.

  3. Comunque è vero che l’accesso al lago è tutto in mano ai privati: comonuoto, canottieri e circolo della vela. Solo per soci. Se vuoi molleggiare una canoa non puoi se non sei socio.

  4. Bisogna ingrandire innanzitutto il depuratore o crearne un altro complementare per pulire l’acqua e poi magari spostare gli scarichi in modo tale da rendere possibile la balneazione. E il gioco è fatto. Poi successivamente creare infrastrutture vedi ad esempio il lido e piscina comunale di Lugano che se non sbaglio, con 10 franchi a persona per l’ingresso ha anche un bel ritorno economico.

  5. Il giardino di Villa Olmo è già un lido.
    La gente arriva, si sdraia senza controllo all’ombra delle piante ad alto fusto e (qualcuno) azzarda un bagno.
    Si tratterebbe di regolarizzare l’esistente armonizzandolo con il contesto.
    Come?
    – riqualificazione della darsena e del tratto di bagnasciuga con relativa messa in sicurezza del tratto di lago in oggetto (fila di boe + bagnino).
    – utilizzo dei primi prati (magari di quelli soltanto) come spazio per sdraiarsi e prendere il sole.
    – Al di fuori di quel segmento e per tutto il resto del parco, obbligo di circolare regolarmente vestiti.
    – Per il resto, proprio come si organizzano aperitivi nelle aree comuni dei musei, si potrebbero organizzare postazioni con stand che promuovano il territorio attraverso il consumo di prodotti locali.
    – vincolare parte degli introiti per pulire quotidianamente l’area e retribuire musicisti e intrattenitori che alimentano le giornate.
    Anche Villa Geno potrebbe funzionare. Peccato solo per l’area a prato molto più ridotta.
    In ogni caso, la parola dovrebbe essere “eleganza”. Tra una permanente della salamella e un biglietto da visita per tutto il territorio, c’è un abisso.

    1. Io ho una soluzione più veloce: ripristinare il giardino con le aiuole e il divieto di calpestio.
      Fine dell’ambiguità parco/giardino.
      Per sdraiarsi c’è il parco sul retro, a 50 metri.

  6. A tratti ho l’impressione che l’attuale visione urbanistico-ambientale su Como, e zone limitrofe, abbia radici nella polarizzazione di interessi dei cittadini.

    La maggior parte della cittadinanza non si nutre di turismo, nemmeno indirettamente, sente di non avere il medesimo peso delle categorie di commercianti nel determinare lo sviluppo della città, e sogna una città a misura di abitante.
    A un commerciante potrebbe invece fare comodo disporre di tavolini fronte lago e strada: di turisti ne avrebbe sempre e comunque, assieme al vantaggio di rimanere zona comodamente accessibile anche in auto.

    È solo un banale esempio, utile per affermare che sarebbe compito della politica armonizzare tutte le diverse esigenze, sempre però nell’ottica di conseguire il dimenticato bene pubblico.

  7. Comaschi criticoni, da 50 anni sento ogni iniziativa criticata, poi …… giornalai inutili pubblicano cose insensate tanto per riempire uno spazio sperando che in pochi lo leggano.

  8. Forse Emanuele Caso dimentica che nella città del Razionalismo, l’ultima incontenibile rivoluzione urbanistica – discussa, ridiscussa, progettata su carta, testata con paracarri di plastica e poi arditamente realizzata – è stata la rotonda in fondo alla Napoleona. Cioè, una rotonda!
    Il resto è qui da vedere; in giro per il mondo ne inventano di ogni per rendere sempre più trasversale la fruizione museale (digitate su google “aperitivo museo”) e qui c’è gente che riconosce al prato di Villa Olmo una mistica sacralità manco fosse la Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

    1. Adesso però dovresti spiegarci l’ardita analogia tra un aperitivo al museo e la realizzazione di un lido pubblico nei giardini di Villa Olmo..

  9. Articolo e argomentazioni sacrosante.
    Assurdo che il lago in città a Como sia segregato unicamente a sfondo per Instagram.
    Per non parlare dell’inutile ed aliena spianata del nuovo lungolago, che separa invece di unire

    1. Spianata/superstrada fatta apposta per i tavolini dei baretti a beneficio dei soliti noti affaristi spenna polli.
      Tempo 6 mesi e ne sarà piena

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