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“Como, il problema non sono i turisti ma l’accoglienza offerta. E le famiglie fanno bene a banchettare sulle aiuole”

Nell’ampio dibattito sull’impatto del turismo a Como in queste ore interviene Chiara Bedetti, tra le molte cose anche esponente di Legambiente. E’ un’ampia, articolata e interessante riflessione che pubblichiamo integralmente. [Per contributi, segnalazioni, reazioni e opinioni: redazionecomozero@gmail.com, il numero Whatsapp 348.6707422 o la pagina dei contatti]

Ecco quanto scrive:

In queste settimane si rincorrono sulla stampa locale articoli e lettere di lamentele sui turisti che prendono letteralmente d’assalto la nostra città: famigliole accampate sui prati per un picnic fronte lago, code infinite alla biglietteria della Navigazione o della funicolare, bagni proibiti alla foce del Cosia, gruppi di persone che invadono le strette vie del centro.

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Tutte lamentele che, da comasca e residente in centro, capisco bene: qualche volta anch’io mi sono innervosita davanti a questa “invasione” che limita e condiziona la nostra vita quotidiana. Ma accanirsi contro turisti che hanno l’unica “colpa” di voler visitare la città in cui viviamo non serve a nulla. L’overtourism è un tema complesso e nessuno ha la soluzione in tasca, ma una considerazione di base dovrebbe guidarci: i turisti non devono togliere servizi e benessere ai cittadini, al contrario dovrebbero essere uno stimolo per potenziare i servizi stessi. 

Facciamo qualche esempio. 

La raccolta dei rifiuti non è adeguata alla quantità prodotta in questo periodo: i cestini sono perennemente strapieni e, inevitabilmente, le persone lasciano ciò che hanno in mano nei dintorni, creando piccole isole di spazzatura. La raccolta per le attività commerciali è insufficiente, soprattutto per l’umido, che provoca odori insopportabili; nei punti di accumulo non è raro vedere topini che banchettano indisturbati.

Il trasporto pubblico funziona come vent’anni fa, con un orario estivo ridotto, senza considerare che oggi molte persone lavorano anche nel mese di agosto e continuano a utilizzare il servizio insieme a centinaia di turisti. L’orario ridotto non ha più senso: bisognerebbe anzi pensare a un prolungamento serale almeno fino alle 23, per permettere a tutti di spostarsi. Se vuoi comprare un biglietto per il battello, online risulta sempre esaurito; in biglietteria devi sperare nella gentilezza di un dipendente della Navigazione a cui spiegare di essere residente e che, se sei fortunato (come è accaduto a me stamattina), ti fa passare davanti alla coda infinita. Poi, però, scopri che nell’estate comasca l’ultimo battello per tornare a Como da Cernobbio è alle 20.28: un’assurdità che non ci sia un servizio serale nel primo bacino.

Negli ultimi anni lo spazio pubblico per camminare in centro si è ridotto drasticamente, a fronte di un progressivo allargamento dei tavolini delle attività commerciali. Pedoni, biciclette, monopattini elettrici, passeggini e persone con disabilità si contendono gli stretti passaggi del centro storico, troppo spesso occupati e ostruiti dalle auto dei residenti in parcheggio selvaggio e dai furgoni delle consegne. Questo problema non si risolve limitando i gruppi di turisti, ma ragionando sulla fruibilità dello spazio pubblico, riducendo le aree dedicate ai locali e regolando seriamente gli accessi alla Ztl. I turisti non ne sono la causa principale, ma contribuiscono ad aggravarlo.

Famigliole banchettano allegramente distese sui prati in piazza Cavour? Fanno bene.

I ristoranti e le pizzerie hanno prezzi assurdi a fronte di una qualità spesso non adeguata: non sorprende che molti preferiscano un picnic. Ma i prati di piazza Cavour sono “sacri”? Va bene, ma allora quali altri prati ci sono? Senza addentrarsi nella polemica sui lavori ai giardini a lago, consideriamo che, non avendo a disposizione quell’area, l’unico altro prato dove stare distesi a guardare il lago è quello accanto al Tempio Voltiano. Altrimenti bisogna camminare fino a Villa Olmo (e stare sul retro, perché i prati davanti sono anche quelli “sacri e inviolabili”) oppure arrivare alla fontana di Villa Geno dove, almeno al mattino, non c’è quasi nessuno.

Una città più fruibile, con spazi verdi accessibili a tutti, sarebbe una bella cosa anche per i residenti. Dove crearli? Alcuni spazi già esistono: i giardini intorno alle mura, oggi in degrado, potrebbero con poca spesa diventare un’area verde e fresca per chi non può spostarsi. Fuori dal centro, l’area della Ticosa potrebbe trasformarsi in un bellissimo parco urbano collegato alla Spina Verde, ma un mega parcheggio rende di più in termini di consenso elettorale. Non è sul lago, è vero, ma immaginare una città con spazi belli, verdi e freschi non solo sul lungolago permetterebbe anche a chi vive nelle periferie di stare bene. Se l’unica possibilità di svago resta passeggiare sul lungolago, l’impressione che i turisti ci “rubino” lo spazio diventerà sempre più forte.

E vogliamo parlare di quei “maleducati” che affollano la spiaggetta del Tempio Voltiano facendo il bagno nelle acque cristalline ma altamente inquinate del lago? Orrore! C’è chi invoca multe salatissime e chi addirittura immagina un cancello per chiudere la zona. Ma davvero non possiamo pensare a un rapporto diverso con il lago? Davvero non possiamo impegnarci a rendere più pulite le acque alla foce del Cosia e permettere a chi non può permettersi un lido di bagnarsi i piedi senza farne una tragedia?

Le regole e le battaglie contro gli abusi (dagli affitti delle barche ai buttadentro) vanno bene, ma c’è molto altro. Cosa offriamo ai turisti oltre a una passeggiata sul lungolago, due chiese, un gelato e qualche vetrina? Musei chiusi, nessuna proposta culturale di rilievo.

Ho l’impressione che questa rabbia contro i turisti nasconde un’altra rabbia: quella verso l’incapacità di gestire un turismo che, così com’è oggi, porta ricchezza a pochi e disagio a molti. Il problema non sono i visitatori: è il modo in cui Como sceglie di tutelare il benessere dei suoi cittadini e, nello stesso tempo, offrire accoglienza ai turisti. 

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