C’è una dote o una sindrome, genetica e naturale, a sinistra: l’afflizione (declinata in forme più o meno nobili) che parte dalla consapevolezza (relativamente) sana, passa per l’autocritica pensosa, e scivola inerzialmente verso il tafazzismo violento (con QB di autocompiaciuta volontà autodistruttiva).
Sic est: Storia.
Storia che si massimizza, performativamente, nella (in)capacità Dem di cavalcare con un’idea, una rotta, un pensiero preciso la tremenda (dai toni sulfurei, zolfatari, quando non surreali: un leader e ministro che sfiducia il proprio presidente del Consiglio) crisi politica in corso da qualche giorno.
Quindi farà anche ridere ma, nella retorica inversa di un giochino Social (sempre) insano, stavolta viene da dirlo sul serio: “E allora il Pd?“.
In estrema sintesi la risposta alla domanda non ha grandi variabili è solo: boh.
Eppure, in chiave minimal e locale, abbiamo assistito in questi giorni a moti d’orgoglio (agostani? Nel senso che nessuno legge i giornali al mare) tanto interessanti quanto rari in casa Dem lariana.
Ci ha pensato, prima di tutti, il segretario provinciale, con spunti oggettivamente non residuali, qui:
Salvini, il Pd comodo, l’autocritica: Federico Broggi, da bravo a leader in una notte d’agosto
Ha messo il (direbbe il Conte Mascetti) rinforzino, il capogruppo a Como, Stefano Fanetti:
Como, l’estate del realismo Pd. Fanetti: “Finché saremo percepiti come élite snob, sarà dura”
Poi è arrivato il deputato:
Braga e la mail che pare una risposta a Broggi e Fanetti: “Meno prediche, più generosità”
E scusate, davvero scusate, se ogni volta vien facile ricicciare e riciclare Moretti: “No, il dibattito no!”.
Ma stavolta la zona Piddì comasca sembra far dire il contrario (Il dibattito sì, quantomeno: forse) per vitalità non anestetizzata da una congerie di macromicro riflessioni autoannullanti come avviene a livello nazionale.
Ci provano i Dem comaschi. Si vede.
Riescono? Non si sa ma sicuramente sono più vitali e meno passivi di tanti altri colleghi di partito sparsi per il Paese.
Ecco dunque che è ancora una volta Fanetti a buttare, così, nel confronto un pensiero di enorme realismo. Tanto personale, seriamente onesto (va riconosciuto), quanto paradigmatico, e quasi bussola per un partito.
Un pensiero che, giocoforza, parte da Matteo Renzi.
D’altronde, da queste parti, Fanetti fu il primo a ammettere con coraggio:
Fanetti storico: “Renzi? Un’ubriacatura, eravamo in cielo. Un mondo di emozioni snob”
Così ecco quanto ‘confessa’ oggi il capogruppo di Palazzo. Un’analisi nobilmente onesta dentro un partito in cerca d’autore:
Io rimango basito.
Sono (stato) renziano: vedevo in Matteo una sorta di brillante e scaltro Prometeo che comprendeva la situazione prima degli altri (o almeno sicuramente prima di me).
Speravo che dopo il referendum (perso con onore) si ritirasse come Cincinnato ad arare il suo campo, in attesa di tempi propizi per essere richiamato nell’agone politico. Evidentemente non avevo capito il personaggio.
Eccolo qui ora ad atteggiarsi a leader di un partito nel partito in spregio a ogni basilare regola di convivenza democratica.
Spiace che un uomo politico delle sue qualità si riduca a seguire la rotta di numerosi vecchi arnesi della sinistra, che, perso il timone, si sono impegnati a fare naufragare la barca prima di abbandonarla.
Un commento
è ovvio che il PD imploda, è composto da ex ;
quelli che vogliono le elezioni non siedono in Parlamento;
la destra vuole le elezioni, ma non il taglio dei parlamentari, altrimenti molti starebbero a casa.
Che dire, tifiamo i post cyberpunk per tagliare le poltrone o il DJ set Village people sovranista che vuol dichiarare guerra alla Germania ???
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