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Punti di vista

Veleni e rancori a sinistra: ma forse sono le foto di famiglia ingiallite il problema (Rapinese insegna)

Hanno perso: male, pur almeno battagliando fino alla fine, il centrosinistra a guida Pd (nonostante un buon 20%), che ha subìto quasi immobile la rimonta storica e corposissima di Alessandro Rapinese al ballottaggio; malissimo l’esperimento di Civitas (1,7%) e Bene Comune (1,8%) con la candidata Adria Bartolich (3,7%), tutti mai in partita in queste elezioni. Eppure da mesi – con punte di odio autentico in questi giorni sui social – liste, protagonisti, segretari, candidati assortiti delle mitologiche varie anime della sinistra (perdente) continuano a macellarsi in diretta in un trionfo di rancori, veleni e scazzottate verbali. Persino inutile riportare qui gli esempi: fatevi venire in mente un nome dei movimenti citati sopra o di qualche altro cespuglio affine, cercatelo su facebook e tuffatevi comodamente nello spettacolo piuttosto deprimente che vi si offrirà spontaneamente (senza sperare di trovare autocritiche: quelle sono assenti ovunque).

Nulla di nuovo, si dirà. Eppure è sempre stupefacente la siderale lontananza dalla realtà di molti protagonisti, a dispetto di fatti imposti alla vista in maniera macroscopica. Di questi aspetti materiali, su cui forse sarebbe meglio concentrarsi da quelle parti, ne citiamo qui soltanto uno che però, forse, non è così secondario.

E lo facciamo partendo inevitabilmente da un aspetto bifronte, cioè quella che potrebbe essere sia una forza, sia un alla lunga un limite del grande vincitore: Alessandro Rapinese. Il quale ha saputo accoppiare due cose apparentemente antitetiche: la linea di continuità granitica della sua candidatura a sindaco, senza dubbio al confine con il Cesarismo o il Bonapartismo per il ruolo di capo assoluto (talora sconfinante nel padronato) che esercita sulla sua creatura politica; ma, nello stesso tempo, la straordinaria capacità di rinnovare – anche a costo di affrontare perdite sanguinose, vedi i casi di Ada Mantovani e Paolo Martinelli – la sua base elettorale (sempre in senso espansivo) e la sua stessa “truppa”, peraltro con un grande spazio riservato ai giovani (i promessi assessori Nicoletta Roperto e Francesca Quagliarini sono trentenne una e 21enne la seconda, il delegato alla Cultura Enrico Colombo ha 33 anni, in linea generale tutti i candidati sono “poco stagionati” o comunque assolutamente giovani in senso politico, quando non proprio novizi; forze fresche e in larga parte mai attive sulla scena politica, eppure attratte dalla proposta politica del leader). Se questa immissione quasi brutale per quantità e spinta propulsiva sarà la salvezza della città oppure no, questo naturalmente si potrà dire solamente tra cinque anni. Ma intanto il dato è lì da vedere: Rapinese porta alla guida di Como forze e volti nuovi, profili differenti, mentalità e approcci lontani da quelli che abbiamo conosciuto negli anni passati. Il giudizio del futuro li attende, ma per ora è così.

E allora, adesso torniamo da dove eravamo partiti: nella selva oscura del centrosinistra e di tutti i suoi alberi (dal Pd alla Lista Minghetti, passando per i compagni di viaggio ecologisti e radicali, fino agli alternativi di Civitas). In altri termini, l’opposto di una capacità autentica di rinnovamento, almeno per quanto riguarda i protagonisti principali (che non è poco, sempre Rapinese insegna).

Il Pd – che pure ha preso un buon 20% in sé – riporta in consiglio la sua stessa storia ultradecennale: Patrizia Lissi, Stefano Fanetti, Gabriele Guarisco e Stefano Legnani. Senza nulla togliere ai meriti conquistati sul campo e prima ancora in consiglio comunale e ai gazebo, la stessa fotografia di Natale di sempre, o quasi. Al comando della segreteria cittadina, c’è un giovane: Tommaso Legnani, ma – per l’appunto – sempre in famiglia siamo (nucleo dove il padre nobile è sempre l’eterno, e forse insostituibile, ex consigliere regionale Luca Gaffuri). Non che non ci fossero nomi nuovi, in lista. Anzi, in caso di vittoria di Barbara Minghetti sarebbero anche entrate a Palazzo personalità decisamente meno conosciute (qualche nome, oltre al “classico” Vito De Feudis: Eleonora Galli, Tatiana Negurita, Giovanni Gianola, Baldassarre Guida, Giulia Scarpone, Livia Sarda, Angela Benedetta Re), ma evidentemente per un ricambio vincente serve tempo (oltre alla volontà e al sapersi costruire il consenso di cui sono stati capaci gli storici). Altrove, nella stessa galassia, non si sarebbe certo vissuta una rivoluzione: sempre nel caso in cui Minghetti avesse vinto, Como Comune (693 voti) avrebbe riportato in aula il mitologico Luigino Nessi, Europa Verde (941 voti) la sua storica Elisabetta Patelli, ora entrambi fuori con Rapinese sindaco, così come Agenda 2030 che avrebbe inserito Lorenzo Pedretti. Per quanto riguarda la Lista Minghetti (10% con il traino della candidata ma anche diversi nomi nuovi, legame forse non casuale), va meglio: bis per Vittorio Nessi (un solo mandato alle spalle) e la novità Luca Vozella.

E passiamo allora all’altro ramo – confliggente e belligerante con il primo – della sinistra cittadina, l’area attorno ad Adria Bartolich. La stessa candidata sindaca, pur essendo effettivamente lontana da anni dalla scena politica attiva, entrò per la prima volta in consiglio comunale nel 1985 a Fino Mornasco e nel ’90 approdò a Palazzo Cernezzi con il Pds. Da allora – 32 anni fa – sono passate anche un’elezione (1994) alla Camera e la segreteria della Cisl (fino al 2018). Poi impossibile non citare l’artefice dell’esperienza, Bruno Magatti, la cui prima candidatura a sindaco con Paco risale al 1994 e che in questa tornata ha collezionato 115 preferenze mentre – considerando anche Bene Comune – il secondo più votato tra tutti è stato Leonardo Castore con 99, per poi trovare decine di aspiranti consiglieri con un numero di schede che spessissimo non è arrivato a 10. Segno che – oltre a un progetto politico non compreso dai comaschi – il ricambio generazionale è abissalmente lontano.

Insomma, questo quadro – che pure presenterà superficialità e lacune – è abbastanza esplicito, benché rozzo: forse, al posto di passare il tempo ad accoltellarsi politicamente, sia il centrosinistra a guida Pd, sia i competitors civici della stessa area, dovrebbero studiare un po’ più il modello attrattivo verso gli elettori messo in piedi da Rapinese. Perché anche le idee migliori (sempre che lo siano davvero) necessitano del veicolo adatto per circolare, soprattutto nella politica del 2022. In questo senso, cominciare a considerare che, durante questa lunga traversata nel deserto verso il 2027, a sinistra sarebbe opportuno far crescere e dare spazio a una generazione nuova di potenziali amministratori, potrebbe non essere un’idea da buttar via. Perché alla lunga – e qui, in molti casi, siamo già alla lunghissima – anche le migliori fotografie di famiglia ingialliscono e diventano inguardabili.

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12 Commenti

  1. A Como non basta battere nel numero di voti il centrodestra, occorre un di più, superare anche i sentimenti di destra di una parte dell’elettorato, perlomeno di una porzione sufficiente. Ignorare, o sottovalutare, questo, oltre a far perdere le elezioni al ballottaggio, la dice lunga su quanto si sappia, o si voglia sapere, in profondità di Como, della sua anima. È in periferia che il centrosinistra avrebbe dovuto sfondare, ed è lì, che invece soprattutto è andato giù.
    Nella più volte ripetuta favola epica di Rapinese, dal tombino alle stelle, si sono riconosciuti i quartieri popolari, da sempre marginalizzati in favore del centro. Anche loro provavano, e provano ancora, un sogno ed una rabbia; ad intercettarla e a legarla a sé è stato peró il guascone Rapinese.
    Forse anche qui c’è stata una mancata comprensione del personaggio: i tanti avversari di Rapinese hanno confuso la tecnica del guascone con la natura del solitario competitore civico. Ma dovendo farsi largo da un “tombino”, come spesso ci ripeteva Rapinese, che cosa avrebbe dovuto, e potuto fare, se non sfruttare ogni occasione, sia in bene che male, per rendersi visibile e votabile, sia in Consiglio che nelle strade? Dalla sua situazione politica concentrazionaria, tanto cercata col tema bandiera dell’antipartitismo, ed anche senz’altro subita, non gli restava altro che crescere nei consensi o scomparire. Rapinese, complice l’ignavia e la rissosità endemica del centrodestra e la grandissima fortuna, probabilmente irripetibile, di un pugno di voti disgiunti, ha saputo a quel punto calamitare e farsi attribuire i voti di sogno e quelli di pancia.

    Auguri dunque di buon lavoro al neoeletto Sindaco di Como, elettoralmente alternativo ai partiti, e, speriamolo per la Città, alternativo, nella pratica di governo, anche ai loro difetti capitali.

  2. Red è uno pseudonimo che mi ricorda qualcuno e visto che questo qualcuno solo ora può dormire sonni tranquilli, è meglio esprimere subito il mio parere. Sia mai che la mancanza di sonno gli pregiudichi le prossime mosse da navigato statista e gli impedisca Lunedì mattina di verificare se i cestini del parchetto di Prestino sono stati svuotati. 😊
    Concordo con Sergio. Non capisco di cosa si discuta. Rapinese ha vinto perché su di lui sono confluiti i voti dell’elettorato del centrodestra e, sicuramente, qualche voto in più tra quelli che avevano votato disgiuntamente. Cosa che tra l’altro Rapinese si aspettava. Gli “amici” di Civitas hanno ottenuto in termini assoluti meno di un terzo di quanto ottenuto nel 2017. Dal punto di vista politico è un’enormità. Tra le tante cose che l’elettorato di sinistra ha dimostrato è quella di non aver gradito il comportamento di Civitas e dei suoi leader nel corso delle discussioni preliminari alla presentazione delle liste che si sono svolte con i dirigenti del PD e delle altre liste. Questo è evidente. Adria Bartolich ha scritto che il numero di voti della lista che l’appoggiava è superiore a quelli di diverse liste inserite all’interno della coalizione di centrosinistra. Non è proprio così. Civitas ha ottenuto meno voti della lista Bene Comune con cui concorreva e che non rappresenta l’elettorato di sinistra. La sola Civitas ha preso meno di tutti. Quindi queste polemiche sono pretestuose come pretestuosa è l’assegnazione di responsabilità all’interno della coalizione di centrosinistra nei quindici giorni che hanno preceduto il ballottaggio. Errori ce ne sono stati moltissimi. La lista Agenda 2030 si è presentata senza simboli e si è caratterizzata per qualche candidatura sbagliata oltre che per un eccessivo individualismo dei candidati di Azione rispetto agli altri. La Svolta Civica si è sentita meno rispetto al 2017 e soprattutto non si è assunta il ruolo di leader che aveva preannunciato quando aveva presentato l’ottima candidatura di Minghetti. Il PD, per merito dei suoi Segretari Provinciale e Cittadino (giovani ovviamente), ha svolto un ruolo chiave sia nella formazione della coalizione sia nell’impostazione del programma. Ha pagato un’opposizione molto molle nei cinque anni della Giunta Landriscina. Impeccabili invece Europa Verde, soprattutto Patelli, e Como Comune. Alla fine, la sinistra ha perso non tanto perché Como è una città di destra quando perché Como è una città avversa alla sinistra. Non è la stessa cosa e Rapinese nei quindici giorni tra il primo e il secondo turno è stato molto bravo a comprenderlo e a comunicarlo (chi va al mare è del PD; asfaltata il centrodestra, asfaltiamo il centrosinistra ecc.ecc.). È lì che ha vinto. In campagna elettorale è stato bravissimo. Ha fatto proprio Machiavelli: “…..il nemico del tuo nemico, è tuo amico” e gli elettori di centro destra gli hanno creduto. Adesso viene il difficile. Mi auguro che Red adesso possa fare sogni d’oro. Sportivamente, se lo merita. 😊

    1. Caro Gioele,
      Te lo dico in inglese che tanto Red non ne vuole sapere (tranne quando chiama il suo yesman ‘Mike’ o scrive ‘Lesson 1’ e ‘Lesson 2’ nella sua….erm…ampia? programma elettorale):
      I instinctively like you.
      Tanta stima.

      ‘Red’ Amandak

  3. Beh di fatto c’é che da quando c’é il Rapinese intanto un’oretta ha piovuto…. scommetto che per ripicca quelli si sx da domani fara un botto di caldo…..

  4. Vedendo i numeri del ballottaggio (cdx compatto su Rapinese), la discussione mi pare più semplice di quel che sembra.

    Non è un problema di coalizione più o meno larga: anche fossero andati tutti insieme (PD, civica, Civitas, etc..), come sarebbe finita? Si sarebbe perso.
    E tantomeno una questione di candidato, visto che l’alternativa proposta ha finito a combattere con Matrale per il quarto posto.

    Belle le ricostruzioni di Magatti & Co, hanno un solo piccolo problema: fanno a pugni con la realtà.
    Bartolich, che volevano come candidata di coalizione, ha fallito su ogni fronte;
    – non ha messo d’accordo nessuno (a parte PD e civica, i 5 stelle sono finiti per conto loro con Aleotti e alla fine pure Adduci ha deciso di correre da solo)
    – non ha preso voti (3-virgola-qualcosa %, figura magrissima).

    Pensavano di contare qualcosa, ma invece niente.
    E ancora pensano di poter dare lezioni in giro? Auguri!

  5. Che Dio ce lo conservi, Gioele!
    Non mi dispiacerebbe una sua rubrica su Comozero, me la leggerei volentieri.

    Trovo comunque molto interessante che chi ha preso un pugno di voti spieghi agli altri come fare a vincere le lezioni, dandogli dei boriosi e saccenti.

  6. Articolo inutile con riflessioni scontate! La verità è che i vari Magatti, Aleoti e le altre liste pensano solo al loro orticello e non vogliono compromessi per cui si devono presentare da soli punto! Poi ci mettiamo i Comaschi che sono gente strana perché o si lamentano e poi non vanno a votare, oppure pur di far dispetto a uno votano per l’altro e questo è il risultato senza analisi troppo cervellotiche… Comunque anche se ha votato meno del 50% e quindi come Landriscina il sindaco viene eletto da pochi vedremo se il pifferaio magico Rapinese farà la fine della Lega!

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