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Gaffuri: “Io, mal sopportato dal Pd come Renzi. Addio: basta subìre, ora coraggio e futuro”

“Renzi era chiaramente mal sopportato nel Pd. Io ho vissuto a lungo la stessa sensazione nel partito a Como. E’ chiaro che quando ho saputo che l’addio era deciso e ufficiale non ci ho pensato un secondo”. Alberto Gaffuri, fino a pochi mesi fa sindaco di Albese con Cassano e renziano della primissima ora – se non addirittura qualche minuto prima – non mostra alcun segno di incertezza sul proprio destino politico. Dopo la stagione per certi versi esaltante delle “Lariopolde” tra Villa Olmo e Lariofiere ma soprattutto dopo una breve quanto non felice traversata da iscritto Pd, ora il dado è tratto: addio dem, si va con Matteo in “Italia viva”.

Gaffuri, la notizia dell’addio di Renzi al Pd è emersa ufficialmente ieri sera. Lei sapeva che il momento era deciso?
“Che questo passo fosse nell’aria era ormai chiaro a tutti, credo. Ma se parliamo del momento esatto, allora no. Anche io l’ho appreso all’improvviso”.

E ha tentennato nella scelta?
Nemmeno per un attimo. In fin dei conti mi è parso un passaggio naturale, inevitabile. Che fa effetto, per carità, ma una cosa posso garantirla: per quanto mi riguarda non è certamente un addio rispetto a nemici. E’ semplicemente un’altra storia che comincia, interpreto questa scelta come un atto di generosità di Renzi verso un partito che ormai non poteva più contenere sensibilità e storie così diverse.

Ma cosa rendeva impossibile la permanenza di Renzi e dunque anche sua nel Pd?
Parliamo di due ambiti culturalmente diversi in maniera radicale. Ho grande rispetto per chi rimane nel Pd e per tutti coloro con cui ho percorso un tratto di strada assieme. Ma ormai il peso di una certa mancanza di coraggio, di capacità di scelta, di velocità di azione e di reazione del Partito Democratico era difficilmente sostenibile oltre. Avete visto come è andata durante la crisi di governo, no? Mentre i vertici alzavano muri e subivano i fatti, è stato Renzi a imporre al dibattito una linea diversa, chiara precisa. Serve coraggio, una leadership  che non ricorra all’eterno rinvio delle decisioni o continui a subìre i passi altrui.

Lei qui ha avvertito la stessa mal sopportazione che Renzi, a livello nazionale, ha più volte denunciato nel Pd?
Sì, certo. E’ capitato anche a me. Non lo dico con rancore, ma la sensazione di emarginazione, di mancato coinvolgimento nelle scelte, di fastidio quasi per la presenza di figure vicine a Renzi si è avvertita anche nel Pd comasco e per me è stato molto fastidioso. Solo che finché non esiste una via nuova, una reale opportunità di svolta, è chiaro che devi far buon viso a cattivo gioco. Ora la strada nuova c’è, per fortuna.

L’ha chiamata qualcuno del Pd comasco oggi?
No, figuriamoci, nessuno. Me l’aspettavo. Qualcuno non lo sento dalle ultime regionali, faccia lei. Ad ogni modo, io stesso ho certamente le mie colpe, le mie responsabilità, non c’è dubbio. Mi sono chiesto spesso, però, se il partito non dovesse produrre idee, proposte, iniziative al posto che continuare a fare comunicati stampa. Per dire, non ricordo di aver visto esponenti del partito sui treni, e ripeto sui treni, a parlare dei problemi dei pendolari…

Curiosità finale: dove si collocherà il partito di Renzi nello scacchiere politico. Centrosinistra, centro, sinistra?
Non andrei subito a incasellare questa esperienza nelle etichette. Partiamo dal Partito Democratico, l’origine è quella e non si discute. Ma la tensione verso il futuro è l’aspetto fondamentale di questo progetto: proporre la speranza, opporsi all’odio e alla logica del “fake”, essere consapevoli che le grandi opere vanno fatte, che la scienza prevale sulle dicerie. Sono solo alcuni punti, ma la Leopolda di ottobre dirà molto di più a tutti.

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3 Commenti

  1. il vero problema che questo Gaffuri non c’entra niente con Renzi e non l’ha, ancora, capito!

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