Può legittimamente non piacere il modello di Natale proposto a Como per circa 30 anni da Consorzio Como Turistica e Amici di Como. Può suscitare rammarico o gioia il trasloco della manifestazione a Cernobbio. E naturalmente si può opinare su qualsiasi cosa proponga questa testata come qualsiasi altra. Pareri del tutto legittimi, impossibili da contestare: i gusti personali, le opinioni e il gradimento di chiunque – quando espressi in maniera civile, benché anche accalorata e appassionata – godono per fortuna in questa città e in questo Paese di tutela, garanzia e libertà assolute. Su ogni argomento.
Ciò che però non è veramente accettabile è che si arrivi a usare le proprie idee come una chiave inglese contro persone, enti e organizzazioni. Soprattutto se si indossa la fascia tricolore da sindaco.
Eppure, senza che prima nessuno abbia cercato lo scontro con il primo cittadino, il tentativo di rissa verbale si ripete anche oggi – sul Natale, come ormai quasi tutti i giorni – con un furore al limite dell’incredibile e naturalmente senza che un intero sistema politico e mediatico faccia un plissè. Forse anche perché chi osa farlo – ad esempio questa testata, come già accaduto con la Giunta Landriscina e come, anche prima che nascesse ufficialmente il giornale, è successo con la Giunta Lucini, visto che il compito della stampa non è solo compiacere – finisce come sappiamo: al dissenso, il sindaco risponde con l’inibizione totale e assoluta, nel silenzio di tutta la sua squadra, rispetto a qualunque accesso comunicativo alla sua persona. Impossibile, per tutti i cronisti di questo giornale, poter anche solo telefonare al primo cittadino o interagire via social network. Bannati e silenziati su ogni canale possibile. Da subito, va precisato: un secondo dopo la vittoria elettorale (anzi, in diversi casi da prima), non a seguito di qualche scontro particolare. Ma andiamo oltre.
Oggi basta sfogliare il quotidiano La Provincia o consultare online l’intervista del sindaco su Quicomo per capire a quale punto di guerra personale il primo cittadino stia trascinando l’intera amministrazione per la questione del Natale.
Al netto di uno dei vari annunci bellicosi e con un retrogusto vagamente ritorsivo, ossia l’intenzione (del tutto legittima, essendo Palazzo Cernezzi socio del polo) di convocare il cda di Villa Erba per “capire le modalità con le quali Cernobbio usufruirà della location visto che ha organizzato un evento praticamente uguale a quello di Como”, come se esistesse un obbligo per le altre città di non fare nulla se Palazzo Cernezzi organizza qualcosa – il tema è un altro ancora. E sta tutto in un’altra frase pronunciata a Quicomo. Quella secondo cui la scelta degli organizzatori di portare la manifestazione a Cernobbio sarebbe (testuale) il modo per “distruggere il Natale della città di cui l’associazione porta il nome” con un successivo attacco pesantissimo anche al Comune di Cernobbio, per la sola decisione di promuovere un proprio evento Questo: “E’ biasimevole che un paese della nostra provincia presti il fianco a varesotti e lecchesi che da decenni cercano di marginalizzare Como”.
Insomma, al di là dei campanilismi da curva ultrà, apparenti verità che vengono servite a migliaia di persone con astio e vis polemica senza precedenti, ma che stravolgono ancora una volta l’unica realtà dei fatti. Che è la seguente: il sindaco Alessandro Rapinese (e visto che per qualsiasi materia, iniziativa, decisione non si ode mai alcuna altra voce tra giunta e consiglio, viene da pensare solo e soltanto lui) ha voluto del tutto legittimamente cambiare le modalità organizzative degli eventi di Natale nel capoluogo.
Lo ha fatto con esiti altalenanti (bandi con un solo concorrente, quello per l’albero di Natale andato deserto ecc…) ma al di là di questo, il dato è che a fronte di un netto cambiamento, i precedenti organizzatori hanno deciso liberamente di non partecipare alle varie gare preferendo proporre la manifestazione nella sua interezza e non ridotta a uno spezzatino di bandi e microbandi, là dove era possibile. Ossia a Cernobbio. Niente di più e niente di meno. Anzi, di meno qualcosa sì: le polemiche, mai cercate né promosse da Consorzio Como Turistica o Amici di Como, che hanno sempre definito legittima la scelta del sindaco di cambiare modello. Così come non risulta che città come Lecco e Varese, trascinate ieri da Rapinese nell’incredibile polemica su quanti laghi abbia ogni singolo territorio, avessero puntato missili su Palazzo Cernezzi. Anzi, per coordinare alcune iniziative natalizie, Como era stata anche interpellata. Ma, semplicemente, l’amministrazione – per ammissione stessa di Rapinese – non ha nemmeno risposto. Eppure questo è valso il famoso post sulla conta degli specchi d’acqua, che ha fatto il giro d’Italia per la pochezza delle argomentazioni.
In sostanza: attacchi a organizzazioni che hanno semplicemente portato altrove la propria manifestazione senza dire bè, paroloni (per quanto riguarda Cernobbio al limite tra l’offensivo e l’inverosimile) rivolti a città che hanno semplicemente cercato di mettere assieme qualche idea, accuse di una presunta volontà di “distruggere” che ignorano proprio il concetto di concorrenza tanto auspicato dallo stesso Rapinese, una sorta di clima bellico continuo, costante, su tutto, contro chiunque. E persino al di là del Natale (pensiamo agli svizzeri, alla Barbagia, agli Zulù, alla satira, al trattamento riservato alle opposizioni più volte e così via) quest’ultimo è il vero nodo: fino a quando – dentro e fuori Palazzo Cernezzi – ogni questione, ogni singolo tema, ogni iniziativa dovrà essere ridotta a un sanguinoso “o con noi o contro di noi” dal sindaco? Fino a quando si dovrà ridurre qualsiasi cosa a uno scontro, a una escalation verbale e a una divisione lacerante tra fazioni nemiche perché lo decide il primo cittadino in totale solitudine? Fino a quando si continuerà a sentire soltanto la voce urlante di Rapinese contro qualcuno o qualcosa, ogni santa mattina, nel silenzio assordante di chi gli sta intorno, spaccando una città in trincee l’una contro l’altra armata, piene peraltro di soldati che non avevano alcuna volontà di scendere in guerra?
20 Commenti
… dimenticate che noi siamo COMASCHI, c’è differenza. E basta!
Bellissima iniziativa, questa del “Natale dei Laghi”.
Lario, Ceresio e Varese, uniti in una bella idea transfrontaliera.
Saluti dal Canton Ticino;))
Col nostro Sauron Rapinese,non penserà di cavarsela con “Lario” :)))
RAPINESE
el pasa la vita a pisaa cuntra vent, l’importante l’è ves mai cuntent!
Questo è un tema su cui Rapinese Sindaco ha sbagliato tutto. Rischia di farsi travolgere dal traffico e dal probabile insuccesso di Natale a Como. Invece di porsi in posizione super partes, ha finito per metterci personalmente la faccia alimentando polemiche e confronti con chi non poteva che accettare le sue decisioni. Sembra quasi che Natale a Como sia una creatura personale di Rapinese Sindaco e la Città dei Balocchi sia il suo personale concorrente che, solo per fare dispetto a LVI, si è trasferito a Cernobbio. Per intendersi, quel grande genio di Rapinese Sindaco riuscirà a perdere anche giocando da arbitro! 😊
E intanto restiamo in attesa che il sig. Caso, come già dichiarato qui il 4 novembre alle 16.02, ci racconti “i motivi di certe campagne contro il Natale e le manifestazioni connesse”. Sempre che “il giorno” sia arrivato…
Leggendo il CV di Rapinese si fa fatica a capire cosa abbia contribuito alla sua crescita valoriale, morale, professionale e culturale.
Leggendo le sue dichiarazioni si deduce che stadio e bar abbiano avuto grande influenza in quanto sopra: solo pensieri in libertà, come al bar, e spudorato partitismo come allo stadio.
Peccato che viviamo in un mondo sempre più complesso e interconnesso, dove servirebbero coinvolgimento di tutte le forze in gioco, sinergia, alleanze, pluralismo, competenza, visione.
Bastava leggere il suo programma per capire: a partire dalla forma stile messaggio whatsapp al cugino, fino alle strzate irrealizzabili e che vivono solamente nella sua fantasia. Non solo! Ai dibattiti pretendeva di aver ragione sui rivali perché lui sì aveva visto i documenti e gli altri non capivano niente, salvo poi rendersi conto di non averci capito niente.
Consiglio spassionato, se davvero dobbiamo tenercelo 5 anni, che assuma qualcuno che si occupi della comunicazione e si astenga dal parlare prima di aver contato fino a 200.
Allargando il discorso, invece, Como è e rimarrà per sempre provincia e nello specifico quella di Milano. Zero identità (essere vicino ad uno specchio d’acqua, per quanto bello a meno che tu non sia un pescatore non ti dà un’impronta), zero visione (città molto vicina a diventare una Venezia di serie b) e zero competenze. Rapinese, purtroppo, è la perfetta espressione del comasco e dei comaschi tutti.
La continua ricerca del capro espiatorio per giustificare proprie lacune e incapacità genera atteggiamento accusatorio e aggressivo. Nutrimento per i numerosi fans odiatori, prime vittime di ogni insopportabile narcisismo populista.
“Che dici parlo ? Mi si nota di più se parlo e me ne sto in disparte o se non parlo per niente?
Rapinese è questo da sempre, ritengo che difficilmente cambierà.
Lo sapevano i suoi compagni (specialmente quelli nel tempo scottati e ritiratisi), lo sapevano i suoi avversari politici, lo sapevano i cittadini votanti e lo sapeva chi racconta la politica locale (a meno di improbabili e auto-attribuiti attestati di competenza rilanciati anche da certa stampa locale). Lo sapevamo tutti noi, insomma.
In tale consapevolezza stupiscono le prese d’atto recenti riguardo alla sua inadeguatezza amministrativa, morale e caratteriale alla carica di primo cittadino.
Le elezioni hanno decretato un risultato chiaro (non è la sede per discutere dell’opportunità dei meccanismi elettorali per cui il 19.5% degli aventi diritto esprime il 62.5% dei rappresentanti). Rapinese offre quindi la più fedele rappresentazione delle idee dell’elettorato (partecipante). È questo il dato su cui, a mio avviso, vale la pena di riflettere: Rapinese quale esito diretto del contesto politico e culturale di Como e non in qualità di suo ispiratore o tantomeno artefice.
Volendo andare oltre questo argomento (inaggirabile) resta la sensazione che la comunicazione aggressiva e sviante sia un tentativo di compattare il gruppo di riferimento scaricando all’esterno le tensioni accumulate circa le promesse tradite, le tattiche politiche infruttuose e (più in generale) riguardo alla distanza tra strumenti semplificati di comprensione della realtà e la sua complessità.
Ritengo che l’unico atteggiamento fruttuoso sia segnalare le incoerenze, denunciare gli errori, smontare la propaganda con i fatti e vigilare sull’attività… ogni altro approccio non fa altro che generare mostri futuri: non ne abbiamo bisogno.
Rapi è fa quello che ha promesso di fare.
La maggioranza di una minoranza l’ha votato. L’hanno votato anche quelli (una parte) di coloro che de settimane prima, al primo turno, avevano votato un “odiato” e “annientato” partito di destra. (uno qualsiasi o forse di più quelli che avevano votato lega).
Il problema non è quello che fa ma quello che è Rapi.
Non è competente, organizzativamente, politicamente, tatticamente.
Il fatto di isolarsi, lo rende debole perchè i partiti sono organizzazioni che collegano ai livelli superiori e che permettono relazioni di vicinato per fare rete.
Como era già poco inserita. Ora rischia di essere sola.
E il sindaco rischia di “rap-presentare” Como e i comaschi come rissosi, antipatici, boriosi.
La colpa è di Rapinese o di chi l’ha votato e, anche, di chi l’ha fatto votare?
Anche nell’opposizione (in una certa che l’ha fatto votare pur di condannare la sinistra) qualche mea culpa dovrebbe risuonare.
Verissimo Erasmo! Ma temo che le persone abituate ad addebitare agli altri le cause delle proprie frustrazioni, senza la benché minima umiltà di riconoscere i propri errori, difficilmente saranno in grado di fare alcun mea culpa.
Siamo a livello di Asilo Mariuccia. Un sindaco decisamente imbarazzante l’infantilismo dilaga.
Buongiorno.
dopo parecchi anni in opposizione da solo contro tutti e senza favori in “camera caritatis” da parte di chi era il Sindaco in carica, potrebbe sentirsi ancora come l’unico vero combattente accerchiato da nemici veri o presunti…
Il mio consiglio in politica e amministrazione per tutti è sempre stato “Adelante Pedro, con juicio”… da ciò niente facebook e simili, risposte ai giornalisti dopo 12/24 ore affidandosi a persona calma e di fiducia con comunicato scritto…
Valuto altresì che in tanti anni poche persone in lista con il Sindaco sono riuscite a terminare insieme la Legislatura, anche quelli che sembravano più affiatati… ecco il sentirsi sempre in attacco…
Governare, amministrare per cinque anni in situazioni da stress è difficile…
I problemi prossimi futuri ( le feste di Natale sono al confronto una inezia) devono vedere chi amministra preparato nell’affrontare le possibili avversità.
Auguri.
.
Se c’è una critica da fare al Consirzio nel quale si riunisce il meglio dell’imprenditoria lariana è quella di non saper andare oltre la manifestazione del Natale. Se escludiamo Life Elettric sulla diga foranea, e la passeggiata provvisoria sul lungolago, lo sforzo prodotto da un centinaio di imprenditori tra i più importanti d’Italia, non può essere solo effimero, non può esaurirsi con le luci di Natale. Deve essere concreto come la loro storia di imprenditori. Deve lasciare un segno indelebile e riconoscibile sulla città. Questo effetto memoria nella gente delle cose concrete fatte in trent’anni, avrebbe consolidato la forza degli Amici a Como in maniera radicale. Nessuno, nemmeno questa compagnia di improvvisati amministratori con il telefonino in mano, li avrebbe sfiorati con un dito. Passerà anche il Rapigoverno e sarà di nuovo giorno.
La “Famiglia Comasca” con la statua dedicata al beato (sì, lo era pure lui!) Innocenzo XI creata da Eli Riva, ha, forse senza volerlo, aperto una strada da percorrere, per saldare i conti storico-culturali con i grandi (e proprio qui dimenticati o svalutati) comaschi del passato.
Un format artistico ed urbanistico che si sarebbe dovuto, e che si potrebbe ancora, seguire sia per Terragni che per Paolo Giovio.
Chissà…
Sacrosante parole.
quando si fa della rissa l’unica idea che si ha in testa, questo è il risultato, presto lo vedremo con Di Maio allo stadio
penso-lo temevo,fino a poco fa-che la lunga agonia di Como sia arrivata all’eutanasia.Bene fanno le altre citta’,a cominciare da Cernobbio,ad agire come ritengono opportuno vista l’insipienza del(presunto,ormai)capoluogo e vista l’impossibilita’ di collaborare con le giunte,precedenti ed attuale,e ora persino di comunicare.Spero che anche nel Triangolo lariano,dove risiedo,ci si muova in questo senso(Erba,perche’ non parli?)