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Punti di vista

Il senzatetto e la coperta. Nello Scavo: “Basta caciara, Corengia non è il problema. Da destra a sinistra, c’è una Como che resta umana e vuole cambiare”

E’ sempre questione di prospettive e contrappesi, non di verità adamantine, da nessuna parte.

Una vicenda come quella dell’assessore Angela Corenga e della coperta tolta al senzatetto deve essere raccontata circumnavigando i fatti e poi entrandoci. Lo abbiamo fatto in questi giorni, dando conto dell’episodio, intervistando subito dopo l’assessore e seguendo un durissimo dibattito in Consiglio comunale.

Ma pensiamo che sia sempre meglio aggiungere uno sguardo. Sopratutto se estremamente attrezzato, altrettanto onesto e professionalmente illuminante.

Così la redazione di ComoZero ha raccolto un’ampia riflessione di Nello Scavo, collega e amico, firma di punta del quotidiano Avvenire e comasco d’adozione. Vi invitiamo a una lettura lenta, che segua punti e capoversi. Perché vale ogni parola.

Come spesso accade, è sufficiente buttarla in caciara per non affrontare la questione vera. Il problema non è la singola persona, in questo caso l’assessore Corengia, ma il fatto che tutto si stia concentrando su di lei e non sul problema.

Colpa anche di esagerazioni giornalistiche. Si è partiti dalla prima notizia che parlava di “coperta gettata”, con relative “spiegazioni” dell’assessore, per arrivare ad alcuni network nazionali che con un titolo acchiapaclick hanno parlato di “coperta strappata”. E siccome nessuna coperta è stata davvero strappata, finirà che la “vera” notizia verrà sepolta.

VIDEO San Francesco, l’assessore Corengia toglie la coperta a un migrante che dorme e la getta. Cominciamo da Como: “Brutale e insensato”

Ma i problemi purtroppo restano lì. E hanno volti, mani e gambe. Che un assessore vada sul posto, non è un male. Anzi. Che però questa sia l’unica strada percorribile, è difficile sostenerlo.

Il solo fatto che il “risveglio” delle persone lì accampate avvenga, sia pure con la perizia di un “cameriere di villa d’Este” (sventate parole, non mie), e in assenza di organizzazioni del volontariato o del terzo settore, mostra se non altro che la faccenda è affrontata in modo inadeguato. Del resto, sarà bene ricordarlo, perplessità sono state espresse da destra come da sinistra. E non è certo il singolo assessore il problema.

E’ un bene, come leggo in questi giorni, che vi siano politici (da destra a sinistra) dediti al volontariato. Da cittadino sono grato, a prescindere dal resto, per questo loro impegno ed esempio.

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Poi però faccio i conti con alcuni appelli. Uno in particolare: “In realtà, una società merita la qualifica di “civile” se sviluppa gli anticorpi contro la cultura dello scarto; se riconosce il valore intangibile della vita umana; se la solidarietà è fattivamente praticata e salvaguardata come fondamento della convivenza”. A dirlo è Papa Francesco. E non possiamo fare finta di niente.

Sia chiaro: i toni usati da molti sui social network all’indirizzo di Angela Corengia (che non conosco personalmente ma questo non fa differenza) sono davvero vergognosi. E chiunque intenda usare ancora qualche mio raro post sul tema per offendere l’assessore, sappia che non tacerò.

Costoro, alla fin fine, come dimostrano le cronache di queste ore, fanno il gioco di chi non vuole cambiare nulla, danneggiando quelle stesse persone di cui a parole gli autori dei commenti più miserabili dicono di volersi occupare. “Restiamo umani”, vale sempre. Soprattutto nei confronti di chi la pensa in altro modo. La “coperta” dei valori condivisi è sempre più corta, e quella si che a tirarla da una parte e dell’altra finisce che davvero si strappi.

Una delle cose che una comunità non dovrebbe permettersi è l’amnesia.

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Proprio poche ore fa leggevo su Wired un excursus di fatti e scelte che quasi rischiavo di dimenticare. Ne elenco alcune tratte proprio dal sito della rivista e riportate a firma di Luigi Mastrodonato, giornalista nato e cresciuto a Como e firma di svariate testate: il tentativo di vietare l’elemosina e l’occupazione del suolo da parte di mendicanti nel centro storico durante il tempo del Natale; il taglio degli alberi e l’eliminazione delle panchine nei pressi del centro di accoglienza; la “chiusura” dei rubinetti dal parcheggio coperto abbandonato in periferia dove alcuni senza dimora erano soliti accamparsi con il freddo con relativo dibattito sull’installazione di apposite grate anti-accampamento sotto i portici di San Francesco. Che poi mica è un santo qualsiasi.

Poi viene da domandarsi se, per adoperare ancora gli argomenti del Pontefice la solidarietà oltre che “fattivamente praticata” e anche “salvaguardata come fondamento della convivenza”. Meglio, a questo punto, non citare il caso diventato internazionale delle multe minacciate a danno dei volontari che portano pasti caldi ai senza fissa dimora.

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Anche a voler sorvolare (ma non lo farò) sull’irruzione del novembre 2017, quando il gruppo Veneto fronte skinhead interruppe con metodo fascista una riunione di “Como senza frontiere” per leggere un comunicato razzista e intimidatorio, non possiamo dimenticare che venne organizzato nei giorni successivi un corteo di condanna bipartisan nel quale fu notata qualche assenza eccellente. “Sono quattro ragazzi, il problema è l’immigrazione”, disse Matteo Salvini prendendo le distanze da Roberto Maroni, allora governatore della Lombardia, che condannò con nettezza la squadraccia: “Maroni – lo liquidò Salvini – fa bene il presidente della Regione, ma ognuno deve fare il suo mestiere”. Se poi a Como abbia prevalso la condanna di Maroni o i toni di Salvini, lascio a ciascuno la risposta.

Sempre secondo Wired “sono state spese centinaia di migliaia di euro per un’iniziativa tutta in mano a privati, basata sull’installazione di telecamere a riconoscimento facciale in zone strategiche della città per rispondere ai “problemi di degrado ed una diffusa sensazione di insicurezza nei cittadini”. Le telecamere sono rimaste accese per diversi mesi, nonostante mancassero le basi legali per farlo, fino a che non è intervenuto il Garante della privacy per farle spegnere e la vicenda è finita in parlamento”.

Qualche sera fa un esponente della “destra sociale” lariana con cui spesso mi confronto, ha rinnovato la sua preoccupazione per questa che rischia di essere una deriva. O forse lo è già. Una preoccupazione da destra, mica della Caritas. Perché lo segnalo? Perché penso che nonostante tutto a fare la differenza sono il sale e il lievito.

Anche se in piccole quantità, prima o poi faranno il loro lavoro anche dove non ti aspetti. Sale e lievito che sono tutte quelle persone, di qualunque estrazione (politica, culturale, sociale, economica, etnica, etc.) che a Como continuano, anche grazie al lavoro della buona informazione, a non girarsi dall’altra parte.

(Testo raccolto dalla redazione di ComoZero)

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