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Il turismo sul Lago di Como, nuovo ‘oro di Dongo’. Ma si investe poco e si punta a vivere di rendita

Con il concetto di “oro di Dongo” si intende comunemente l’insieme degli ingenti beni che Benito Mussolini, Claretta Petacci, i gerarchi fascisti oltre alla colonna militare tedesca, portavano con sé quando furono catturati la mattina del 27 aprile 1945 lungo il lago di Como, all’altezza di Musso-Dongo. Le stesse ricchezze sarebbero poi state sequestrate e prese in consegna dai partigiani, sembra da vari esponenti dal Corpo Volontari della Libertà o del Partito Comunista Italiano, tanto che la storiografia classica ne attribuisce l’utilizzo finale per l’acquisto addirittura del palazzo delle Botteghe Oscure a Roma, sede storica appunto del PCI e anche per comprare macchinari di stampa per l’Unità, organo dello stesso partito. Ma dubbi fondati tuttora persistono.

La gente del Lago di Como, sponda occidentale, quella appunto percorsa da Mussolini e i suoi sodali oltre a militari tedeschi, attribuisce da sempre un concetto anche metaforico all’ “oro di Dongo”. Si intende infatti una ricchezza importante che si è distribuita lungo la stessa riva per i beni portati dai vari fuggiaschi che qui risiedevano per pochi o tanti giorni in attesa di essere trasferiti dai passatori nella vicina e più sicura Confederazione Elvetica.

Da secoli lungo queste terre si è contrabbandato di tutto: sigarette, banconote, droga ma soprattutto esseri umani. Tutto questo ha legittimamente o illegittimamente arricchito soprattutto questa sponda del lago, base strategica per il trasferimento clandestino. Questo è avvenuto soprattutto durante gli anni del regime fascista e nella seconda guerra. Condannati vari, ricercati, ebrei, fuggiaschi, perseguitati dal regime a vario titolo, si ammassavano sul lago di Como e da qui cercavano il passaggio in Svizzera. Come sempre, anche in questo caso la ricchezza era un vantaggio, e chi voleva scappare dall’Italia la usava come merce di scambio e soprattutto cercava di portarsela con sé. Da qui quindi il concetto metaforico di “oro di Dongo”, esteso a “oro, o ricchezza della sponda occidentale del lago di Como”, portata e spesso lasciata da chi transitava di qua. Una storia tragica, ma anche carica di speranze.

Viviamo in questi tempi una sorta di “secondo oro di Dongo”. Altra gente, tanta gente proveniente da tutte la parti del mondo, spinta da un altro fenomeno meno tragico e più consistente, sta nuovamente popolando anzi “over-popolando” la stessa sponda. Non è più per passare in Svizzera, non è per scappare da nessuno, a parte i pochi Ucraini che si vedono, ma migliaia di turisti stanno nuovamente arricchendo, e in maniera consistente, le popolazioni che qui vi risiedono. Quindi il “secondo oro di Dongo, anzi del lago di Como” è un fenomeno del tutto positivo e da leggere con favore? Non tutto e sappiamo quanto i comaschi e i “laghee” ne abbiamo le tasche piene non solo di soldi, ma anche di storture e di limitazioni.

C’è però un altro fattore che potrebbe ricadere negativamente sugli anni a venire. Gli abitanti del lago di Como di 80 anni fa hanno utilizzato i denari e i beni che i fuggiaschi lasciavano qui per comprare macchinari tessili, botteghe, impianti industriali, magazzini, stabilimenti, al fine di fare impresa, crescere, creare lavoro. Era l’alba della consistente ricchezza che si sarebbe sviluppata sul territorio comasco. L’impressione attuale, ma speriamo sia solo tale, è che il “secondo oro di Dongo” sia invece un motivo per chi ha case di nonni, zii, genitori, di arricchimento finalizzato a non più lavorare in altri settori, per vivere di rendita, legittimissima per carità.

Sappiamo che la ricchezza di rendita è ben altra cosa da quella da lavoro, la prima a un certo punto si sfalda mentre la seconda diventa invece un moltiplicatore di benessere anche per le generazioni seguenti. Parafrasando l’ormai famoso discorso di Mario Draghi su “debito buono (che crea crescita) e debito cattivo (che non la genera)”, possiamo dire che il “primo oro di Dongo” inteso in senso metaforico è stato un credito, seppur originato da una tragedia, in prospettiva buonissimo per Como e il suo territorio, quello del secondo, se non cambiano le attuali impressioni, un credito non poi così buono per tutti.

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3 Commenti

  1. “L’oro di Dongo” alcuni ritengono sia, almeno una parte, nei fondali del lago nei pressi del Ponte del Passo. Di certo per molti ha contribuito, e contribuisce, a rinforzare l’economia locale. Benvengano i turisti, il lago se lo merita.

  2. Articolo che fotografa perfettamente una cruda realtà: la bassa levatura della classe “imprenditoriale” comasca.

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