Questo ragionamento – naturalmente opinabile, contestabile e ribaltabile a seconda dei liberi punti di vista di ognuno – è dedicato, per così dire, a Forza Italia.
Antefatto: nel novembre 2018, accusando il sindaco Mario Landriscina e nel complesso la coalizione di giunta di “immobilismo” e mancato rispetto “degli accordi presi” in campagna elettorale, i forzisti abbandonano l’esecutivo. Via dunque gli allora assessori Amelia Locatelli e Franco Pettignano, quest’ultimo come noto rientrato subito dopo sotto le insegne di Fratelli d’italia.
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Da allora e fino a oggi, i rapporti con gli “alleati” del centrodestra – pur senza aprire una vera e propria crisi di maggioranza – sono rimasti sempre tesi, nervosi, perennemente in bilico tra schiaffi, dispetti, ripicche e rari riavvicinamenti.
Ora, però, si è tornati a parlare – e lo si è fatto innanzitutto all’interno della stessa Forza Italia – di un ingresso-bis nella giunta Landriscina, tornando ad avere due assessori con deleghe (pesanti) da stabilire.
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Già, ma quali sono i presupposti, oggi, per questa reunion stile Take That? Cosa è veramente cambiato dall’autunno di due anni fa a oggi? C’è qualcosa d’altro che non sia la pur comprensibile ambizione dei forzisti di rioccupare qualche poltrona di potere nella giunta di Como? Anticipiamo la risposta: no, secondo chi scrive.
Vediamo perché, attraverso qualche schematico argomento di fondo.
Uno dei progetti più ambiziosi dell’esecutivo in carica a Palazzo Cernezzi è la riqualificazione dell’area Ticosa. Un progetto che ha il suo perno nel trasferimento, tramite integrale ricostruzione, del Municipio dove un tempo sorgeva la tintostamperia. E che cosa ne pensa Forza Italia di questa idea? Il peggio possibile, stando alla miriade di prese di posizione, pubbliche e private, dei suoi principali esponenti.
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Divergenza radicale su un punto qualificante dell’azione del sindaco e, se si vuole, dell’assessore all’Urbanistica Marco Butti.
Andiamo oltre.
Che cosa ne pensa Forza Italia del più importante documento in assoluto dell’amministrazione Landriscina, quello da cui qualsiasi iniziativa, intervento, progetto promana necessariamente, ovvero il bilancio comunale? Non il male assoluto, forse, ma giova ricordare che il 9 marzo scorso i forzisti (dopo un’infinita serie di assenze premeditate dalle sedute consiliari, tanto da far mancare anche il numero legale) si astennero al momento voto.
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E una frase intrisa di veleno del consigliere azzurro Davide Gervasoni ancora sibila come una lama nei corridoi di Palazzo: “Abbiamo raccolto il suo appello, sindaco, pur mantenendo critiche e perplessità che abbiamo da quando abbiamo lasciato la giunta. Lo prenda come un apprezzamento più che come un invito: in questo momento di emergenza, gli ospedali hanno bisogno di bravi medici. Lei, che è un ottimo medico, sarebbe stato sicuramente utile in ospedale. Bravi come lei ce ne sono pochi. Il Comune non la merita”.
Roba che in una qualsiasi Prima Repubblica avrebbe causato la crisi finale in tempo zero.
Passiamo al prossimo.
Almeno fino a prima dell’apertura quantomeno del Lido di Villa Olmo, aveva tenuto banco la “Como città delle piscine chiuse”, a partire dal calvario dell’olimpionica di Muggiò. E cosa disse Forza Italia in merito? Parola al capogruppo Enrico Cenetiempo: “Non abbiamo notizie né informazioni, non è possibile andare avanti così – prosegue – Il Lido di Villa Geno è fermo e nessun sa quando aprirà (nel giugno dello scorso anno, le due offerte arrivante nella gara pubblica non vennero ritenute valide dalla commissione ad hoc, ndr). Sulla piscina di Muggiò si continua ad annunciare una possibile riapertura che invece non arriva mai. E poi c’è il caso clamoroso delle piscine di viale Geno”.
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Tra una boutade e una presa in giro della giunta – resta memorabile la foto del consigliere di Forza Italia Luca Biondi in formato elettricista (Mense, cuocipasta nuovi ma senza prese. Biondi: “Il Comune non fa nulla. Ghe pensi mi”) – spiccano, andando qua e là, le enormi perplessità berlusconiane sul progetto di recupero delle aree ex Lechler e Albarelli (80mila metri quadri di città, per capirci) e poi la freschissima frattura totale, radicale, assoluta con la Lega sul caso dormitorio.
Una vicenda iniziata un anno fa con i forzisti che appoggiarono la mozione dell’opposizione per averne uno nuovo e permanente in città, che è proseguita con la discesa in campo diretta del leader degli azzurri Alessandro Fermi con due proposte (via Cadorna e poi il San Martino) e che sembra franare contro il muro di cemento dei no leghisti.
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Questi sono soltanto alcuni dei punti di divergenza tuttora esistenti tra il sindaco, il resto del centrodestra e i forzisti.
Ora, va bene comprendere l’aspirazione del primo cittadino a mettere fine alle convulsioni con un patto per i due anni finali del mandato, va bene capire i forzisti e le ambizioni di tornare a contare qualcosa tornando in giunta, ma bisogna anche essere onesti nelle valutazioni: ingoiare, da entrambe le parti, tanti e tali rospi (mai rimangiati, peraltro) in nome di un astratto concetto di stabilità è del tutto legittimo e certamente non sarebbe la prima volta in assoluto. Basta solo chiamare il tutto per quello che è: una battaglia per le poltrone, sganciata da qualsiasi reale convergenza politica, programmatica e amministrativa nell’interesse della città.