Una storia ricca di suggestione, senso della vita e capace di trasmettere un forte insegnamento. Si tratta dell’avventura di un signore di 84 anni che, non vedente, ha deciso di darsi da fare per chi come lui non può godere del meraviglioso dono della vista.
E così ha viaggiato fino a Lira, una città dell’Uganda dove purtroppo chi è cieco “non ha gli stessi mezzi e diritti che abbiamo noi in Italia. Anzi spesso, specie in passato, chi nasceva con questa patologia veniva emarginato, abbandonato se non addirittura ucciso”.
Ma come è nata questa voglia, questa spinta interiore che ha portato Francesco Palmese, dell’Unione ciechi e ipovedenti, a trascorrere – è tornato da poco a Como – alcuni mesi in Uganda?
“Tutto è nato dalla mia conoscenza con una suora che operava in Uganda e che mi raccontava come e in che condizioni vivessero in Africa le persone cieche. Ho così deciso di darmi da fare. Innanzitutto, facendo venire in Italia due persone non vedenti per insegnare loro il metodo braille così che poi loro potessero fare altrettanto una volta tornati a casa”.
Uno spirito indomito quello di Francesco per riuscire ad aprire un mondo, quello del metodo braille, ai ciechi, così da migliorare la loro vita.
Ma lo sforzo non si è esaurito nella visita in Uganda. “Siamo riusciti a inviare un container con 20mila oggetti tra bastoni parlanti, cellulari che consentono di comunicare anche ai non vedenti e altri oggetti utili”, racconta Francesco che ci spiega come durante i mesi di missione “ho conosciuto e parlato con il vescovo locale, i sindaci delle città della zona per intessere rapporti e future collaborazioni. Ho poi dialogato con tanti ragazzi nelle scuole con questi problemi”.
E così da questo viaggio è nata anche l’associazione “Guardare lontano”, proprio per sviluppare questo e altri progetti.
“Nel mio peregrinare in Uganda (che si è esteso da Kampala al lago Vittoria), ho parlato di cosa significhi riuscire a vivere la condizione di cecità grazie agli strumenti di cui possiamo disporre, di barriere architettoniche e di diritti. Ricevendo sempre in cambio molta attenzione e interessamento da parte di tutti. Ho dialogato anche con degli imprenditori per discutere dell’inserimento nel mondo del lavoro di chi non vede”.
“A Lira abbiamo sensibilizzato le persone organizzando una cena al buio, bendando i clienti e facendo servire il pasto da persone non vedenti. Tutto per far capire la condizione in cui si trovano a dover vivere in molti. Il mio impegno andrà avanti. In mente ci sono altre iniziative”, ci saluta Francesco dal piglio sempre indomito e dalla voce rassicurante.