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“Una scala-scultura dentro Porta Torre, belvedere sulla città”. Quando Como sognava ancora sui suoi tesori

Le torri di Como e le mura sono una delle attrazioni turistiche, oltre naturalmente al lago, che caratterizzano la città. E anche in tale direzione si era sviluppato il lavoro di Filippo Magatti, ingegnere comasco che si occupa tra l’altro di strutture storiche e del loro recupero, laureato al Politecnico di Milano, e da anni attivo nel campo (ha anche lavorato molto al recupero di Amatrice dopo il terremoto).

Magatti, insieme con Nicolò Zugnino e Anna Serafini, nel voluminoso testo di 10 anni fa dal titolo emblematico “Percorsi medievali a Como: le Torri lungo le mura – Consolidamento e valorizzazione del patrimonio medievale comasco” mise nero su bianco suggestioni molto interessanti. Una di queste si sviluppa attorno a Porta Torre, per trasformarla in una vera e propria attrazione culturale e turistica e le foto pubblicate, in tal senso, sono molto esplicative.

Dopo Porta Torre anche Gattoni: ecco le transenne ma serve una soluzione definitiva

Porta Torre è considerata dalla cittadinanza come una monumentale porta di accesso al centro e la proposta elaborata è quella di introdurre una scala al suo interno – non appoggiata in alcun modo alla torre – per poter osservare dall’alto la città e anche offrire un metodo comodo per chi deve eseguire la manutenzione ordinaria, fondamentale per mantenere tali strutture.

Ma ecco in cosa consiste: “Si realizzerebbe una scala pensata come una vera e propria scultura in acciaio con il duplice intento di porla in contrasto rispetto all’antico edificio in cui si colloca, attraverso la forma e la scelta dei materiali, e poi di creare un oggetto che attiri il pubblico e renda maggiormente interessante la salita”, si legge nella tesi. La scala si sviluppa con una forma sinuosa che si intreccia attorno a quattro grandi pilastri, “richiamando alla mente la leggerezza di un lungo nastro. Quest’immagine è accentuata dal trattamento scelto per i due parapetti: uno pieno, opaco, in acciaio e l’altro quasi trasparente. La partenza del percorso è stata collocata intenzionalmente all’interno di uno dei due archi della facciata sud, e quasi al di fuori della torre, per invitare alla salita e per segnalare all’esterno la presenza dell’intervento”.

Como città murata, mura, torri, Porta Torre

Le prime due rampe di scala sono addossate al muro interno ovest, così da non intralciare il passaggio dei pedoni, dei ciclisti e delle eventuali vetture. E in cima un affascinante belvedere.

Tra le idee per valorizzare il patrimonio culturale della città c’è anche quella di sistemare e aprire Torre Gattoni al pubblico, dove realizzare un nuovo spazio museale connesso alla presenza dei trasformatori elettrici che all’inizio del secolo scorso fornivano luce e corrente alla città. Da non dimenticare anche il mettere in evidenza l’aspetto storico culturale legato ovviamente agli esperimenti di Alessandro Volta.

E infine un cenno a Torre San Vitale: la cui rifunzionalizzazione proposta prevede di realizzare un collegamento con il Museo Civico Paolo Giovio.

Nell’ipotesi di realizzazione, l’area museale esistente si estende ai giardini situati nei terrapieni realizzati a ridosso delle mura medievali. “Con una semplice pulizia delle mura, sarebbe possibile arrivare nelle immediate vicinanze della Torre. Dalle mura, con l’installazione di una scala, sarebbe possibile accedere all’interno dell’edificio che costituirebbe una nuova area espositiva”, questa la descrizione di quanto ipotizzato.

Gattoni, la torre che pende

Torre Gattoni è un’altra delle perle storiche della città e su questo monumento, da sempre, ci si è concentrati molto a causa di una probabile pendenza da tenere sotto controllo. E nello stesso studio presentato in più punti e illustrato in queste pagine si parla ovviamente anche di Torre Gattoni.

Ecco cosa si diceva allora nella conclusione della tesi: “È soggetta a un elevato fuori piombo di alcuni prospetti che potrebbero, anche nel breve periodo, pregiudicare le condizioni di stabilità strutturale. Inoltre, la presenza diffusa di vegetazione nella parte alta delle mura perimetrali e sulla copertura ha comportato un deterioramento dei giunti di malta, con anche infiltrazione di acqua. Queste patologie richiedono un urgente intervento di consolidamento e ripristino. Il fuori piombo deve essere contrastato da interventi da compiere con celerità”.

Como città murata, mura, torri, Torre Gattoni

Da allora sono stati fatti interventi e controlli ma la vera necessità sembrerebbe essere quella di operazioni drastiche e a lungo raggio. Dal punto di vista storico, la costruzione è databile, come San Vitale, dopo la ricostruzione della città seguita alla distruzione da parte dei Milanesi nel 1127. È alta 28 metri da terra circa, su 4 lati, mentre il quinto risulta inglobato nelle mura.

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7 Commenti

  1. Mia idea detta alla Patelli ben più di 10 anni fa!! Ho fatto male a non depositare l’idea ma non è possibile purtroppo. Le idee giuste ci sono sempre state ma i politici pensano ai sottopassaggi milionari dove non c’è traffico…. Secondo la logica pro domo loro….

  2. Gentilissimo Signor Giorgio (Cognome?)
    Se legge sotto c’ è intervento sintetico. Se devo intervenire su un aspetto programmatico e allora deve e dovete continuare a comprare e leggere i giornali, siamo da 5 mondo come lettura giornali per non parlare di libri. Caro Giorgio collaborando anche a IL FOGLIO sono spesso più di 20 mila battute, comunque nessuno la obbliga a leggermi Gentilissimo Signor Giorgio (COGNOME?,,,?) anzi proposta il prossimo Sindaco non faccia pagare TASSA OCCUPAZIONE SUOLO PUBBLICO AGLI EDICOLANTI CHE SONO PATRIMONIO CULTURALE UNESCO.
    Non la obbligo a leggere Proust e nemmeno Davide Fent, anche i fumetti hanno una loro valenza Culturale, lo diceva e scriveva il Grande Oreste Del Buono ‘’’.’.’ BUONA SERATA ? Caro Signor Giorgio (COGNOME????).
    Un abbraccio forte
    Davide
    @davidefent

    1. Non ho idea di cosa scriva sul Foglio, ma immagino si parli di articoli, non di commenti, che invece per loro definizione devono essere più brevi.

      Se vuole continuare con 20 mila battute alla volta, bè si apra una testata sua.

      PS: gli edicolanti altro che Patrimonio UNESCO, vendono cianfrusaglie in scatole di latta che deturpano le piazze principali.

  3. Uno spunto e uno stralcio

    CULTURA
    MOTORE DELLO
    SVILUPPO DAVIDE FENT

    L’identità storica e politica dell’Italia è fondata su due elementi base: la baruffa e la rimozione. La baruffa, perché la faziosità, il fare la guerra o le pernacchie (o meglio: la guerra e le pernacchie insieme) al vicino è una co- stante italiana che troviamo praticamente ovunque e da sempre. La rimozione perché, con altrettale regolarità, ogni nuova stagione politica è stata co- struita sulla damnatio memoriae di quella precedente. Ecco in un periodo virtuoso per la cultura comasca, non elenco iniziative per non omettere qualcuno rimane un po’ di amaro in bocca. Como è un destino, non è scelto. Noi non scegliamo nulla né nome, né epoca storica. Noi siamo scelti e dobbiamo immancabilmente fare i conti con la “Bellezza” del luogo che ci ha scelti. E’ una città con un’individualità ben precisa ha un grandioso passato ma, ahimè, un ben misero presente. Como vive di rendita, è “una bella allo specchio”. Se ci pensate, Como non ha nulla che ne interrompa lo skyline, il lago, simbolo per eccellenza dell’altrove, le montagne con i loro verticalismi, Como ha un infinito intorno, qui è nata la straordinaria proliferazione di fantasia di scienziati e artisti. Leggere il territorio e il patrimonio artisti- co significa avere coscienza di se stessi ed essere parte viva di una comu- nità. Roberto Longhi diceva: “Gli italiani parlino la storia dell’arte come una lingua viva per avere coscienza della propria nazione”. Dobbiamo abban- donare l’idea che ci siano delle barriere delle formalità, limita quello che ci deve essere sempre: un dialogo, un colloquio quotidiano con il patrimonio artistico. La National Gallery di Londra è gratuita e non è difficile incontrare a pranzo gli inglesi che entrano nel museo solo per vedere un quadro. Le strutture artistiche devono essere luoghi in cui il rapporto è colloquiale, familiare e informale. Questi luoghi devono essere considerati come una piazza, un luogo in cui si entra. Dobbiamo creare un sistema museale sinergico, ci vuole una “bussola” d’autore per scoprire, passo dopo passo, luoghi, incanti e angoli nascosti di Como. Un museo deve avere un aspetto conservativo, fondarsi come Permanente, quella che per i tedeschi è la “kunsthalle”: compito dei musei è la testimonianza. Ma alla Pinacoteca di Como mancano il dinamismo, la vita, in una parola: ad esempio le collezio- ni non sono esposte a rotazione, non viene incrementato il patrimonio guardando soprattutto ai giovani creativi (si tenga presente che ad esempio og- gi è molto diffuso il leasing anche tra i musei). Inoltre non si investe in co- municazione, né si incrementa la biblioteca. Si pensi ad esempio quanto potrebbero essere utili delle postazioni “multimediali”. Il dinamismo dovreb-be essere fatto anche di «eventi musicali e teatrali, proiezioni, video». Non è un sogno, ma «un’utopia realizzabile. Ci si può arrivare attraverso piccoli passi, calibrando le spese». E il passato non ha senso se non vive nel presente. Lo scrittore comasco Massimo Bontempelli lo diceva chiaramente: la tradizione la facciamo noi». Como stava lentamente diventando una città normale anche grazie alle grandi mostre. Ha sofferto troppo l’anomalia di un ‘silenzio’ culturale che non merita- va, grazie alle ricchezze di cui è dotata e alla sua posizione strategica. Come ha detto il noto critico e studioso Philippe Daverio “Perché Como non ha mai pensato di fare delle mostre che avessero delle ricadute di esaltazione sulla propria specificità? Voi avete uno dei primi edifici della cultura romanica al mondo: perché non si pensa di fare una manifestazione che permetta di capire cos’è il caso della basilica di Sant’Abbondio? Voi avete il “Paolo Giovio”, uno dei Musei civici più intelligenti del Nord Italia: perché non si apre a un evento che dia attenzione a questa situazione? Infatti, è più importante lavo- rare sulle identità delle città. Le mostre non sono fatte per fare utili, ricordatevi sempre la scritta, un po’ massonica, affissa al Teatro di Palermo, nel momento in cui la città era in piena avanguardia, subito dopo l’Unità d’Ita- lia: “Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”. Un bel concetto che esprime come la cultura debba formare l’identità e comunicarla». Como, con Cernobbio e Brunate, si era candidata a Capitale della Cultura Italiana con l’obiettivo di creare un sistema integrato per la produzione, promozione e valorizzazione del patrimonio culturale e turistico locale, ripartiamo da lì, creando sinergie e facendo “squadra”.
    Como è una città che lega il proprio nome a una dimensione estetica, conosciuta in tutto il mondo grazie alla bellezza del lago e alla tradizione serica. E’ una città che evoca la ricerca e lo sviluppo scientifico, basti pensare a due dei suoi più illustri “figli” Plinio il Vecchio e la sua Naturalis Historia e Alessandro Volta e l’invenzione della pila. La presenza di Villa d’Este a Cernobbio quale luogo di incontro per l’economia mondiale, da sempre richiama l’attenzione dei media italiani e stranieri.
    Como, Cernobbio e Brunate, hanno dimostrato di essere non solo in grado di proporre eventi culturali di qualità, ma di essere anche una Fabbrica della creatività, realizzando spettacoli, festival e kermesse (riproposti anche in altre città italiane ed europee), che negli anni hanno contribuito a creare un sistema culturale vivace e innovativo.
    E tutto il territorio intende attuare la valorizzazione del grande patrimonio culturale materiale e immateriale di cui dispone, favorendo e coltivando le eccellenze esistenti. Sarà l’occasione per sperimentare modalità di produzione e di partnership pubblico-private e un nuovo modello di business legato alla cultura, migliorando anche l’offerta turistica e rendendo il territorio ancora più appetibile. Affascinante ispirarsi a il Bregenzer Festspie- le che si tiene tutti gli anni dal 1946. Certo, ci ha messo decenni a diventare quello che è ora e a guadagnarsi recensioni sul New York Times, ma ora è veramente un’attrazione fa-vo-lo-sa! E sprechiamo l’aggettivo, con- sci che non sia enfatico, stavolta.
    A Bregenz (circa 28.000 abitanti, badate bene) non
    c’era un teatro e così i lungimiranti sognatori pensarono di crearne uno nel punto più bello della cittadina: il lago. Cominciarono con due piccole chiatte: una per l’orchestra e una per la scenografia, e misero in scena – anzi in acqua – Bastiano e Bastiana, opera giovanile del genio mozartiano. L’idea bizzarra e azzardata venne premiata, il pubblico amò da subito questa piccola follia galleggiante, a suonare ci venne la Vienna Symphony Orchestra e di anno in anno il festival non ha fatto che cresce- re, sotto tutti gli aspetti: spettatori, 200.000 in media; con- tributi, 5.7 milioni di euro, 1.3 milioni da sponsor come Mercedes e Coca Cola e 20 milioni di budget totale; dimensioni del palco e delle tribune, 6.980 posti; attenzione dalla critica internazionale; durata della programmazione: un mese intero tra luglio e agosto e un cartellone che alterna l’opera o il musical principale (che cambia ogni 2 anni) e concerti classici; merchandising, indotto, fama… Bregenz ha anche avuto modo e fondi, nel tempo, per costruirsi teatri, sale da concerto, un centro culturale che fa perno sullo Seebuhne. Tutto questo in una cittadina di 28.000 abitanti.
    Como ha un “Museo della Seta” che va valorizzato e potenziato, un museo deve produrre cultura: in questo ca- so il Museo della Seta lo fa con una ricerca volta a individuare attraverso quali processi siamo arrivati al contesto in cui oggi operiamo, quali sono stati i cambiamenti avvenuti e chi ha contribuito perché avvenissero. In modo particolare indagando sulle relazioni che sono intervenute nel corso degli anni a Como tra il mondo tessile e lo sviluppo della società. Anche la fisionomia architettonica della città, come la conosciamo oggi, è stata influenzata dall’industria tessile nel suo complesso. Una cultura a cui il settore tessile ha dato, nel Comasco, un contributo essenziale, grazie non solo ai suoi esponenti di punta, ma al complesso del lavoro condiviso da imprenditori e maestranze. …

    Una cultura che, con una lieve sottolineatura retorica, si può ben definire all’origine di una vera e propria “società della seta”.

    Un abbraccio ? forte. Cordiali Saluti.
    Davide Fent

  4. Buongiorno,
    Tutto molto suggestivo e realizzabile, lo scrissi in un intervento legato alla Cultura come motore dello SVILUPPO DI COMO. È vero qui su collega ad intervento ingegneristico/architettonico, ma il discorso vale per Messa a nomi e valorizzazione dei Musei e del Tempio Voltiano, o della Pinacoteca ancora “Deserto dei Tartari”.
    Il mio Mzestro ❤️❤️❤️ Philip Daverio lo ripeteva ogni volta che veniva a Como, e si arrabbiava a modo suo, perché AMAVA LA NOSTRA CITTÀ, dovevo offrirgli due Gin Tonic, per farlo rilassare. Sono curioso che, se prima delle elezioni ?, i Candidati Sindaci ci dicano chi nominerebbero Assessore alla CULTURA per capire come potrebbe essere i prossimi 5 anni, dopo 5 anni di buio e sprofondo….
    Un abbraccio ? forte con Stima e Affetto
    Davide Fent
    @davidefent

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