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Camerlata, i diavoli sono meno neri di come li dipingono. Parola di Eve, Inzo (e una sciura)

A fine chiacchierata, spenta le telecamerina, si finisce inevitabilmente per parlare di Matteo Salvini, volutamente tenuto fuori dall’intervista per non intingere nella politica più rovente il trialogo.

Eve (20 anni, camerunense, col cappellino, in Italia da 6 mesi) e Inzo (23, del Mali, senza cappellino, qui da un annetto scarso), sanno che spesso vengono buttati in quel gran calderone nero dei “fusti che passano il tempo su internet con i loro smartphone”. E nel loro commento, che niente – ma veramente niente – può accostare all’odio o alla polemica, scoppiano a ridere.

“Internet? No, non ce l’abbiamo. Costa troppo!”.

Nostra replica, un po’ sorpresa: “Eh, ma allora non potete vedere nemmeno la vostra intervista. Siamo un giornale online…”

Loro: “Ah. Peccato. Qui non c’è nemmeno il wi-fi. Ma si capisce cosa abbiamo detto?”

“Direi di sì”

“Ok, va bene allora”.

A Camerlata comunque, verso le 10.30 di stamattina, siamo arrivati sicuramente troppo tardi e troppo presto nello stesso tempo. Troppo tardi perché ieri sera, all’imbocco di via Santa Brigida, la stradina che porta verso Respaù e il Baradello, si è radunato il gruppo “Como ai Comaschi”, ferocemente anti immigrazione e composto da un’ossatura del movimento di estrema destra Forza Nuova più altri cittadini non iscritti.

In assenza di documentazione foto-video, aiuta il volantino di presentazione che alleghiamo qui sotto. Il concetto di fondo: bonificare Camerlata da ubriachi, spacciatori e molestatori africani con le cuffiette che assediano la zona e dormono nei resti di ciò che fu l’ex Sant’Anna.
Rispetto all’arrivo troppo presto, invece, l’appuntamento era con l’iniziativa del gruppo Scout 45 – rilanciato da Como Senza Frontiere – per adornare Camerlata (ma in particolare, e non casualmente, proprio la zona di via Santa Brigida) con sagome di carta colorate inneggianti ai valori di solidarietà, fratellanza, accoglienza, cura e umanità.

Alle 10.30 qualche figura già campeggiava sospesa, ma non più di una decina, evidentemente tutte preparate in anticipo. La possibilità di aderire concretamente con un gesto simbolico, comunque, è aperta fino a notte (sotto, una prima gallery).

In questa serie di mancate coincidenze, però, il destino ha voluto che ci si imbattesse in tre figure che – in maniera largamente fortuita, inutile negarlo – hanno avuto lo straordinario potere di dare un’immagine dei luoghi già citati completamente diversa, lontanissima da ogni possibile stereotipo o banalizzazione.

Sotto gli alberi, all’incrocio tra via Colonna, la piazza e l’ormai celeberrima via Santa Brigida ci viene subito incontro una signora – ma dall’inflessione comaschissima sarebbe meglio dire sciura – che vive esattamente lì. Da anni.

Chiede di non essere ripresa in viso ma si prodiga sua sponte in uno sfogo pesantissimo contro la manifestazione di “Como ai Comaschi” bollata senza fronzoli come “una vergogna!”. In ossequio alla richiesta, non mostriamo il volto della donna.  Ma l’audio integrale estratto dall’intervista sì, quello si può. Lo trovate qui sotto, nel file Soundcloud.

Nel mentre, si affiancano loro, Eve e Inzo. I quali sì, dormono scavalcando qualche varco a mezza via, in Santa Brigida, “con una decina di altri”. Ma – oltre a essere entrambi fieramente in regola con i documenti per la permanenza in Italia, come ci mostrano a telecamera spenta – sono (o almeno si mostrano perfettamente) come un inno al bene. Parole, ma perché non credervi?

Scappati da Paesi funestati da guerre fratricide (Mali e Camerun, per info basta usare Google), in pochi mesi hanno imparato un ottimo italiano, aspettano la chiamata per un lavoro buono (“In cucina, giardinieri, va bene tutto pur di lavorare”), credono fermamente di avere un futuro e di poter aiutare le famiglie rimaste negli inferni di provenienza. Non odiano nessuno, ammettono l’importanza degli aiuti della Caritas e parlano bene della polizia italiana.

Qualcosa avranno anche omesso, chissà. Eppure per ricondurre alla ragione dei fatti tanto rancore preconfezionato, dove tutti i migranti sono diavoli neri e maligni, senza sfumature, ascoltare i loro 3 minuti può aiutare.

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Un commento

  1. L’intervista ai due ragazzi più ancora che la dissociazione dall’odio della donna nel file audio squarciano la nebbia dei pregiudizi che altri media contribuiscono a addensare. L’articolo di Emanuele Caso è un utile strumento per restare umani. Grazie

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