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400 volontari, 12 associazioni, una lettera a Landriscina. “Abbia coraggio: non chiuda il centro migranti”

Il caldo che si è spinto fin quasi alla fine di questo mese aveva trasformato il dibattito in una sorta di confronto neutro, astratto, da laboratorio. Uno scambio a tratti durissimo ma che, in qualche modo, guardava alla stagione fredda come a qualcosa (molto) di là da venire.

Il vento che domenica sera è soffiato sulla città ha spinto verso il basso le colonnine di mercurio (non inganni il caldo di oggi, solo provvisorio). Così, in un attimo, l’emergenza senzatetto si è fatta sentire davvero, figlia non più de confronto sul dormitorio improvvisato di san Francesco (qui) ma causa diretta di un’urgenza umana ben nota in questa città.

Il primo a opporsi all’annunciata chiusura (volontà leghista) del centro migranti di via Regina (con la richiesta di convertire una parte della struttura in nuova sede per servizi come Emergenza Freddo) era stato il deputato di Fratelli d’Italia, Alessio Butti. Ne è nato un fronte interno al centrodestra (Gaddi-Cenetiempo-Mascetti), seguito dalla furbissima mozione del centrosinistra e dall’inatteso appoggio di Forza Italia.

Oggi sono le associazioni a intervenire. 12 associazioni per 400 volontari, tutti facenti parte del tavolo per la Grave marginalità. “La scelta di chiudere il campo di via Regina avrà evidenti ripercussioni sui servizi per le persone senza dimora: se la situazione della città non è più quella dell’estate 2016, è altrettanto vero che i respingimenti dalla Svizzera sono continui”, scrivono.

E ancora: “Ci è davvero difficile quest’anno decidere di continuare l’esperienza dell’”Emergenza freddo” in via Sirtori e l’eventuale aggiunta di posti letto nelle tende quando il campo di via Regina potrebbe costituire un unico spazio temporaneo di accoglienza, sostituendosi, almeno potenzialmente, ai luoghi di degrado o non idonei, in cui ora trovano riparo in città molte persone senza dimora”.

Il testo integrale, che consigliamo di leggere:

Egregio Signor Sindaco,
le associazioni e gli Enti che firmano questa lettera appartengono alla Rete comasca degli enti e servizi per la grave marginalità e da anni sono impegnati a coordinare tra loro le azioni necessarie ad alleviare le condizioni di sofferenza determinate dalla povertà, coadiuvati da centinaia di volontari che, diversi per formazione, credo e culture, si trovano uniti nell’impegno comune.

Allo stesso tavolo siede anche il Comune di Como con il quale in passato così come in tempi recenti, si è sempre cercato di trovare congiuntamente, pur nella diversità di visione, soluzioni condivise, nel rispetto dei ruoli e nell’interesse dei beneficiari e della città.

Eppure è dalla stampa che abbiamo appreso della decisione di sgombrare gradualmente il campo profughi di Via Regina fino alla sua chiusura annunciata per la fine del 2018. Siamo rimasti amareggiati, come lo fummo per l’ordinanza sul decoro dello scorso dicembre, per l’assenza di comunicazione agli enti del Terzo settore della Rete.

La scelta di chiudere il campo di via Regina avrà evidenti ripercussioni sui servizi per le persone senza dimora: se la situazione della città non è più quella dell’estate 2016, è altrettanto vero che i respingimenti dalla Svizzera sono continui. Operatori e volontari dei nostri servizi incontrano ogni giorno nuove persone che chiedono di essere aiutate. La nostra è una città di confine ed è sempre stata luogo di passaggio per italiani e stranieri.

Oggi inoltre, anche per i limiti evidenti delle politiche sull’immigrazione, dalle normative alla qualità media dell’accoglienza (in tutta la provincia non esiste uno Sprar), il numero delle persone è aumentato, incrementando la popolazione delle persone senza dimora. Parliamo dunque di stranieri, ricordando che la maggioranza di essi ha un regolare permesso di soggiorno, con il diritto di ricevere la medesima assistenza riservata agli italiani, ma anche di molti cittadini italiani.

Per un’ulteriore caratteristica di tale popolazione (persone stabili sul territorio e persone di passaggio) occorrono interventi diversificati: da una maggiore presa in carico con percorsi di reinserimento sociale per le persone senza dimora residenti a spazi di accoglienza temporanea, per persone di passaggio o persone stabili sul territorio che non trovano oggi riparo in nessun altro luogo, se non in contesti non idonei per le persone stesse come per il resto della popolazione comasca (vedi San Francesco).

Riteniamo che non si possa solo pensare di chiudere con continuità strutture, spazi e luoghi senza costruire delle alternative e non rispondere ad un grave bisogno della collettività.
Perché di questo si tratta, di un bisogno forte della collettività: da un lato di chi non ha un tetto sotto il quale trascorrere la notte, dall’altra dei cittadini che percepiscono disturbo per la presenza indesiderata di persone accampate che non hanno a disposizione nemmeno dei servizi igienici.

Alla luce di queste considerazioni gli Enti del Terzo settore della Rete dei servizi per la grave marginalità di Como chiede che il campo profughi di Via Regina non venga chiuso ma, pur ridimensionato in conseguenza delle modificate esigenze, venga convertito in luogo di accoglienza notturna per tutte le persone senza dimora della città, sostituendo il servizio “Emergenza freddo” di via Sirtori e le cosiddette “tende”.

Sono ormai otto anni che la nostra Rete, in collaborazione con altri enti e soggetti (una trentina totale di gruppi e più di 400 volontari), promuove e gestisce volontariamente, con fondi per la maggior parte provenienti da privati e in spazi non pubblici il “piano freddo”, che in quasi tutte le altre città è invece attivato dall’Ente locale. Continueremmo naturalmente a garantire anche al campo, in una logica di sussidiarietà, l’apporto dei volontari e l’organizzazione del servizio. Ci è davvero difficile quest’anno decidere di continuare l’esperienza dell’”Emergenza freddo” in via Sirtori e l’eventuale aggiunta di posti letto nelle tende quando il campo di via Regina potrebbe costituire un unico spazio temporaneo di accoglienza, sostituendosi, almeno potenzialmente, ai luoghi di degrado o non idonei, in cui ora trovano riparo in città molte persone senza dimora.

Conosciamo già una delle possibili risposte alla nostra richiesta: il Campo è governativo, non dipende dall’amministrazione locale. Ebbene, crediamo fermamente che questo elemento possa essere superato se esiste la volontà politica di risolvere un problema. E se proprio vi fossero oggettivi elementi ostativi rispetto al Campo, auspichiamo che l’Amministrazione Comunale possa trovare comunque altre soluzioni per rispondere al bisogno sopra descritto, non lasciando al solo Terzo settore la ricerca e l’allestimento di spazi di accoglienza adeguati alle attuali esigenze cittadine.

E’ al nostro primo cittadino che chiediamo a gran voce di esprimersi per la città.
Confidiamo nel suo coraggio.

I rappresentati legali e i referenti dei seguenti enti:
ASCI Don Guanella onlus
Associazione Incroci onlus
Associazione Piccola Casa Federico Ozanam
Casa Vincenziana Onlus e Volontari San Vincenzo
City Angels
CSLS – Cooperativa Sociale Lavoro e Solidarietà
Cooperativa sociale Symploké
Fondazione Caritas Solidarietà e Servizi onlus
Fondazione Somaschi
Gruppo “Legami”
Opera don Guanella
Parrocchia di Rebbio

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Un commento

  1. Ineccepibile: è dovere del Comune occuparsi di problematiche sociali come queste ed è dovere di qualsiasi amministratore che voglia definirsi tale individuare soluzioni.

    C’è uno spazio pronto e facilmente adattabile e ci sono volontari disponibili a garantire una mano, basta la volontà.

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