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I giovani perduti di Rebbio. Don Giusto racconta l’educazione fallita: “Macigni sul nostro quartiere”

E’ ancora una volta “il Focolare”, il periodico della Parrocchia di Rebbio, a portare a galla la preoccupazione e la denuncia di don Giusto Della Valle sul “macigno di cammini educativi fallimentari [che] pesa sul nostro quartiere”.

Ph: Matteo Congregalli

Non è la prima volta che il parroco segnala, in termini accorati, la situazione difficile di molti giovani della zona. Ma questa volta, sulla pagina che ospita il pensiero del sacerdote, i toni hanno sfumature davvero forti.

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“C’è un giogo pesante sul nostro quartiere da cui fatichiamo a liberarci; proviamo a divincolarcene, ma il macigno sopra la testa resta sempre – scrive don Giusto – Di cosa parlo? Parlo di cammini educativi fallimentari che portano alcuni nostri ragazzi, adolescenti e giovani a delinquere o a rinchiudersi”.

“I fatti li conosciamo bene – aggiunge – alcuni dei “nostri” sono stati arrestati e condotti in carcere o in comunità, altri sono stati rimpatriati dai genitori con lo scopo di correggerli, altri ancora andranno a raggiungere i primi. I tentativi fatti da alcune famiglie, dalle scuole, dall’oratorio, dall’oasi, dai servizi sociali, dalle forze dell’ordine e da altri non hanno portato il cambiamento desiderato. Qualcuno dice: ben vengano gli arresti in tenera età così attraverso un inserimento in comunità l’albero storto potrà raddrizzarsi, altri ancora nel quartiere si sentono liberati perché si sono tolti di mezzo dei guastafeste”.

Pressanti le domande che il parroco di Rebbio sembra rivolgere all’intera comunità: “Cosa fare? Cosa stiamo facendo? Cosa abbiamo sbagliato? Da dove ripartire?”. E qui, don Giusto propone alcune strade percorribili.

“In primo luogo – dice il sacerdote – penso che la famiglia solida nella burrasca resti a galla; quando invece i genitori sono divisi i figli ne paghino e ne facciano pagare le conseguenze a tutti. Già da piccoli alcuni bambini “comandano” i genitori e sfidano gli adulti”.

Se questo primo percorso risultasse impraticabile, il parroco di Rebbio afferma che “se non ce la si fa in famiglia è meglio farsi aiutare e spingere la famiglia a farsi aiutare, inserendo il proprio figlio in altre famiglie o in comunità senza attendere a casa quei cambiamenti che mai potranno avvenire”.

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“In terzo luogo – prosegue il testo – abbiamo bisogno di educatori di strada che passino tanto tempo con questi ragazzi e adolescenti: le associazioni di quartiere potrebbero farsi carico dello stipendio di un educatore di strada? È vero, Oasi e oratorio e altri abbiamo investito in una simile presenza educativa, ma non è che una goccia nel mare”.

“Infine – è la conclusione di don Giusto – noi tutti dobbiamo essere vigilanti e meno paurosi nell’intervenire in prima persona a correggere e a denunciare. Che la forza di Cristo Risorto liberatore ci aiuti ad alleggerire il pesante macigno sul nostro quartiere e ad assumere su di noi la storia di questi ragazzi per cambiarla”.

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Un commento

  1. Grande uomo, giusto, come il nome che porta, ma purtroppo “capitano” di una nave ormai logora e col timone divelto, in mezzo ad una tempesta. Per quanto sia grande la capacità, enorme la disponibilità e chiaro il pensiero che dovrebbe conferire nelle azioni, le difficoltà ad affrontare solo o con pochi “ausili” l’arduo compito affidatogli dal signore sono veramente tante. Speriamo che il buon Dio, oltre al cuore grande e alla grande forza di volontà, gli dia un aiuto materiale, magari stimolando le alte schiere, del clero e del comune, ad elargire dei fondi, indispensabili per il buon esito della sua missione.

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