Non c’è soltanto l’ex cineteatro Politeama tra i “pezzi grossi” messi in vendita dal Comune di Como con il voto finale di ieri sera in consiglio comunale (documento approvato soltanto dalla lista Rapinese Sindaco). L’altro immobile di rilievo per cui è stata avviata l’alienazione è sicuramente l’ex centro di accoglienza a Prestino su cui però, ancora poche ore fa, un vasto agglomerato di enti, associazioni e soggetti del terzo settore si era appellato per bloccare la vendita e rilanciare la struttura per l’aiuto delle persone fragili (qui il documento). Niente da fare, i rapinesiani hanno tirato diritto e messo in vendita il centro.
“La presenza in Consiglio comunale e le parole dei giorni scorsi delle associazioni del territorio hanno lanciato un messaggio forte e chiaro, che poi è lo stesso che già qualche settimana fa avevamo portato all’attenzione – attaccano oggi i consiglieri comunali del Pd Patrizia Lissi e Stefano Legnani – A Como c’è una forte emergenza abitativa e c’è un terzo settore che lavora con impegno per provare a porre rimedio. In una situazione del genere, vendere la struttura di via Sacco e Vanzetti è una decisione scellerata e irresponsabile verso le persone meno fortunate e verso chi si impegna quotidianamente per loro e che non possiamo che ringraziare”.
“È bene ricordare che l’edificio è nato, nel 2004, grazie a un finanziamento regionale, proprio per l’emergenza abitativa e per ospitare le persone in difficoltà – aggiungono nella nota diffusa oggi – Dopo essere stato utilizzato anche dalla Prefettura, è passato nelle mani del Comune, che lo ha dato ai servizi sociali. Qualche tempo fa, grazie a un contributo ministeriale, la Prefettura ha chiesto all’Amministrazione di poter tornare a gestirlo, ma la proposta è stata rifiutata, perché la Giunta Comunale dichiarò l’urgenza di mantenere strutture e spazi da destinare prioritariamente a finalità sociali di propria competenza, con particolare priorità ai servizi per disabili. Risultato? Non è mai stato fatto nulla, tanto che, ora, il sindaco ha pensato di venderlo, di fatto condannandolo ad almeno altri due anni di non utilizzo. Incalzato dalle domande dei consiglieri, inoltre, il sindaco non ha in alcun modo motivato la scelta di vendere l’immobile solo pochi mesi dopo avere dichiarato la sua necessità per finalità di tipo sociale”.
“Le domande rimangono – concludono Lissi e Legnani – Perché non ridestinarlo allo scopo per cui era nato? Perché non parlare con le associazioni del territorio per vagliare le possibilità? Compito del Comune, che non è un’agenzia immobiliare, sarebbe quello di erogare servizi sulla base delle esigenze del territorio, che sono sotto gli occhi di tutti. Gravissimo non sfruttare l’opportunità di dare un riparo a tante persone in difficoltà: significa non averle a cuore”.