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Morti Covid, studio dei sindacati: nel 2020 a Como 7.028 decessi, quasi 2mila in più (39%) sulla media 2015-2019

Uil del Lario, Uil Pensionati Como Lecco e Uil FPL Lario hanno elaborato un corposissimo studio sull’effetto Covid in relazione ai decessi nelle province lombarde. Lo pubblichiamo di seguito integralmente.

Per comprendere gli effetti di sofferenza e dolore che hanno vissuto i Cittadini della nostra Regione e che si rischia di prolungare se non si affronta velocemente l’emergenza sanitaria da Covid attraverso una veloce vaccinazione della popolazione, abbiamo ritenuto opportuno confrontare il numero di decessi avvenuti in ogni provincia della nostra regione nell’anno 2020, periodo gennaio-novembre, con la media dello stesso periodo del 2015/2019, da dove si denota l’incremento dei decessi che ha seguito l’andamento della situazione emergenziale sanitaria da COVID 19.

Il primo dato che emerge dall’analisi è il numero di decessi complessivo in Lombardia, nel periodo Gennaio – Novembre 2020, di 123.819 (+33.558 rispetto alla media dei decessi avvenuti nel periodo 2015-2019, +37,18%). La Provincia maggiormente colpita dalla pandemia è stata Bergamo che ha registrato 15.432 vittime (+6.142, rispetto alla media dei decessi avvenuti nel periodo 2015-2019, +66,12%) con il mese più drammatico registrato a Marzo 2020 con 6.083 decessi, ovvero, un incremento di 5.181 rispetto alla media dei decessi avvenuti nel periodo 2015-2019, +574,7%.

L’immagine simbolo che descrive la drammaticità di quanto patito in quel momento dal Territorio di Bergamo è rappresentato dalle lunghe file dei mezzi dell’esercito italiano che portano le bare nei forni crematori.

I territori delle Province di Como e Lecco, nel periodo Gennaio – Novembre 2020, hanno registrato:
Como – 7.028 decessi ( + 1.984 alla media dei decessi avvenuti nel periodo 2015-2019, +39,32%);
Lecco – 4.172 decessi ( + 1.141 alla media dei decessi avvenuti nel periodo 2015-2019, +37,65%);

COMO/LECCO
Prima dell’inizio della Pandemia, nei due mesi di gennaio-febbraio 2020, i decessi hanno registrato un calo in ogni provincia Lombarda rispetto alla media dello stesso periodo del 2015/2019:

Mentre, nei restanti mesi dell’anno la situazione è stata differenziata e articolata nelle diverse province: marzo ed aprile nelle Province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lecco e Lodi, interessate dalla prima ondata dell’emergenza pandemica, le conseguenze per la popolazione sono state drammatiche, i decessi hanno subito incrementi fino al 574% in provincia di Bergamo a marzo rispetto alla media dei decessi dello stesso mese negli anni 2015/2019:

La situazione migliora nei mesi seguenti a seguito delle restrizioni allo spostamento e della chiusura delle attività produttive, fino a settembre. Il numero delle vittime oggetto dello studio ritornano a peggiorare dal mese di ottobre e in modo particolare a novembre 2020 (manca dicembre, tra i dati Istat ma che risulta della notizie di cronaca un altro mese “nero”) con la seconda ondata e che vede maggiormente interessate le Province meno colpite dalla prima: Como, Milano, Monza Brianza e Varese:

Se si volge lo sguardo nel periodo gennaio-novembre 2020 rispetto alla media anni 2015/2019 dello stesso periodo l’impatto in percentuale maggiore di decessi si è manifestato in provincia di Bergamo 66,12%:

I dati, anche se ancora carenti del mese di dicembre, fanno percepire lo “tsunami di dolore psicologico” che ha investito tantissime famiglie lombarde, le quali sono state private dei loro cari e che purtroppo continua anche in questo nuovo inizio anno.

Decessi che nella maggioranza dei casi hanno colpito persone anziane, più fragili ed esposte al rischio derivante dalla patologia del COVID-19. Non solo le loro famiglie hanno dovuto reggere questo immenso dolore ma anche tanti operatori sanitari che hanno prestato le loro cure hanno subito i traumi della sofferenza fisica e psicologica (oltre che essere loro stessi vittime di infortuni) di chi è stato vittima del Covid, ed è surreale che ancora oggi c’è chi si ostina a negare l’esistenza del virus.

Riteniamo che questa catastrofe umanitaria non può essere considerata un semplice evento imprevedibile ed inevitabile, ma deve essere di monito ed esortazione alle Istituzioni sanitarie Nazionali e Regionali per comprendere che cosa non ha funzionato nel sistema sanitario.

Occorre rivedere, anche nelle more della rivisitazione della legge regionale 23/2015, il sistema di assistenza privilegiando la prevenzione e la medicina territoriale per restituire ai cittadini il diritto universale alla salute.

Dobbiamo evitare in futuro di trovarci impreparati a situazioni analoghe ed è urgente nell’immediato velocizzare il processo di vaccinazioni dell’intera popolazione se si vuole non aggravare ulteriormente la situazione, ad oggi la percentuale di somministrazione dei vaccini rispetto alle dosi disponibili per Regione Lombardia è al 52,1%, si deve fare di più.

Non dimentichiamoci che ci sono molti cittadini ai quali sono state sospese le cure a causa dell’emergenza Covid e che necessitano di prestazioni sanitarie. Ed è quindi indispensabile rafforzare l’organico del personale del servizio sanitario, che è stato in questi ultimi 20 anni depauperato dai tagli alla spesa pubblica, penalizzando notevolmente la medicina territoriale. Inoltre, è fondamentale ripensare ai percorsi di formazione universitaria per le professioni sanitarie abolendo il circuito a “numero chiuso” oggi non in grado di soddisfare il fabbisogno organico del sistema sanitario nazionale.

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Un commento

  1. Non c’è da sorprendersi sul dato. Le serie storiche sulla mortalità in Italia saranno condizionate dalla pandemia per diversi anni. L’unico lato non negativo, parlare di positivo è fuori luogo, è che la mortalità si concentra sulle classi di età più avanzate, non inciderà quindi sulla natalità nei prossimi anni. Tuttavia, ci mancano due informazioni fondamentali su cui rischiamo di peggiorare la curva di natalità: gli effetti della Covid sulla salute dei giovani che sono guariti dalla malattia e la crisi economica che inciderà sull’occupazione e che condizionerà l’ingresso nel mondo del lavoro delle classi più giovani. Su questi effetti ogni studio è prematuro ma le premesse non sono affatto rosee. In ogni modo, lo studio e l’articolo sono molto interessanti anche per le conclusioni. È assolutamente prioritario rivedere le modifiche che la Legge Regionale 23/2015 ha apportato alla Legge Regionale 33/2009. Sono senza dubbio tra le cause dell’imbarazzante azione a contrasto alla pandemia di cui si è resa protagonista la Sanità della Regione Lombardia.

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